Normativa

Fonte: Ordine Medici Firenze

Premessa
Fin dalle origini della legislazione sanitaria italiana (la prima norma è l’art. 83 del Regolamento Generale Sanitario del 1901) per ottenere l’autorizzazione all’apertura di una struttura sanitaria (ambulatorio, laboratorio di analisi, casa di cura ecc.) è stata resa indispensabile la contestuale dichiarazione scritta di un medico di assunzione della responsabilità di direttore tecnico o sanitario.
La stessa prescrizione è ripetuta in epoca più recente dall’art. 4 della legge 30 dicembre 1991 n. 412 che, nel prevedere che le Regioni possano stipulare convenzioni con istituzioni sanitarie private, stabilisce che dette istituzioni sanitarie sono sottoposte al regime di autorizzazione e vigilanza di cui all’art. 43 della legge 833/1978 (Legge istitutiva del SSN) e “devono avere un direttore sanitario o tecnico, che risponde personalmente dell’organizzazione tecnica e funzionale dei servizi e del possesso dei prescritti titoli professionali da parte del personale che ivi opera”.
L’evoluzione legislativa in materia ha poi demandato alle Regioni la disciplina dell’autorizzazione e della vigilanza sulle istituzioni sanitarie di carattere privato.
In conclusione la struttura sanitaria privata si configura come impresa ai sensi degli art. 2082 e segg. del Codice Civile, ed è quindi caratterizzata da un'imputabilità giuridica propria, con la conseguenza di una netta e chiara separazione tra una responsabilità imprenditoriale (che fa capo al Titolare della struttura), una responsabilità di tipo tecnico-organizzativo (che fa capo al Direttore Sanitario) ed una responsabilità di tipo professionale, che fa capo all'esecutore della prestazione (il medico o l'odontoiatra).

Requisiti del Direttore Sanitario
Nella Regione Toscana la materia è disciplinata dalla Legge regionale n. 51 del 05/08/2009 e s.m.i.
In particolare l’art. 11 di tale Legge prevede che il Direttore Sanitario deve essere un medico in possesso della specializzazione in una delle discipline dell’area di sanità pubblica o equipollente, oppure deve aver svolto per almeno 5 anni attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private.
Per sapere quali sono le specializzazioni afferenti all'area di sanità pubblica, bisogna fare riferimento al Decreto Ministeriale del 30/01/1998 sulle equipollenze, che elenca, nell'area della sanità pubblica, le specializzazioni in: Igiene, Medicina del Lavoro, Organizzazione dei servizi sanitari di base, Direzione medica di presidio ospedaliero, Epidemiologia.
Il medesimo articolo della Legge Regionale, tuttavia, prevede alcune eccezioni: ad esempio nelle strutture sanitarie monospecialistiche (ossia autorizzate per una sola branca specialistica), le funzioni di Direttore Sanitario possono essere svolte anche da un medico in possesso della specializzazione nella disciplina cui afferiscono le prestazioni svolte.
Per quanto riguarda l'aver svolto per almeno 5 anni attività di direzione tecnico-sanitaria, l'art. 8 del Regolamento di attuazione adottato dalla Giunta Regionale Toscana (DPGR n. 79/R del 17/11/2016 come modificato dal DPGR n. 90/R del 16/09/2020) precisa che si intende l’aver svolto attività formalmente documentata, per almeno cinque anni con diretta attribuzione di responsabilità delle risorse umane e strumentali. Tale attività può concretizzarsi nell’aver svolto attività di direttore sanitario, vice direttore sanitario con delega diretta, anche temporanea, direttore di presidio ospedaliero e direttore di una struttura semplice o complessa con funzioni di gestione e organizzazione tecnico sanitaria.
É prevista una eccezione anche per le strutture odontoiatriche, di cui si tratterà in seguito.

Compiti del Direttore Sanitario
Sempre l’art. 11 della Legge regionale n. 51/2009 dispone che il Direttore Sanitario “cura l’organizzazione tecnico-sanitaria della struttura sotto il profilo igienico-sanitario e organizzativo”.
Il Regolamento di attuazione entra più nel dettaglio e all’art. 8 prevede gli specifici compiti del Direttore Sanitario, distinguendo fra le strutture di ricovero e quelle ambulatoriali. In particolare, per le strutture ambulatoriali, prevede che “il direttore sanitario favorisce l'integrazione operativa a garanzia della qualità e sicurezza delle cure mediante il coordinamento ed il monitoraggio delle attività e delle funzioni trasversali di supporto, compresa la corretta conservazione della documentazione e consegna all'utente in caso di richiesta; il supporto al monitoraggio dei flussi informativi nonché al controllo e monitoraggio della correttezza dei dati, del rispetto dei tempi di trasmissione e della loro completezza; la verifica e l'analisi orientata al miglioramento della documentazione clinica; la completezza delle informazioni di carattere sanitario fornite all’utenza. Cura la redazione e l’applicazione del regolamento interno sul funzionamento della struttura e vigila sulla conduzione igienico-sanitaria. Fornisce disposizioni per la prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza e controlla l’applicazione delle procedure redatte per le attività di sterilizzazione e disinfezione e lo smaltimento dei rifiuti sanitari. E' garante del rilascio agli aventi diritto delle attestazioni o certificazioni sanitarie previste, riguardanti le prestazioni eseguite dalla struttura”.

Responsabilità del Direttore Sanitario in materia di Pubblicità sanitaria
Il Direttore Sanitario assume tutte le responsabilità che gli provengono dall'appartenenza all'ordinamento professionale e su tutto ciò che abbia rilevanza deontologica e riflessi sul decoro e la dignità professionale, compresa la pubblicità sanitaria. In tale ambito, ferme restando le norme di liberalizzazione introdotte dall’art. 2 del Decreto Legge n. 223 del 04/07/2006 (cosiddetto "Decreto Bersani") convertito in Legge n. 248 del 04/08/2006 e dal DPR n. 137 del 07/08/2012, è comunque necessario che la pubblicità informativa sia funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, senza violare l'obbligo del segreto professionale e senza essere equivoca, ingannevole o denigratoria.
In proposito, l’art. 69 del Codice di Deontologia Medica attribuisce al Direttore Sanitario la responsabilità sulla correttezza del materiale informativo della struttura, che deve riportare il suo nominativo, come ribadito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3467/2018.
Inoltre la Legge n. 145 del 30/12/2018 all'art. 1 comma 525 rafforza i vincoli informativi, prevedendo che le comunicazioni pubblicitarie debbano contenere esclusivamente gli elementi funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escludendo qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo. In caso di violazione la legge prevede sanzioni disciplinari da parte degli Ordini (nei confronti del Direttore Sanitario) e da parte dell’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) nei confronti della struttura.

Impegno orario del Direttore Sanitario
L’impegno orario del Direttore Sanitario nelle strutture ambulatoriali è disciplinato dall’art. 9 del Regolamento di attuazione, il quale prevede che “la presenza del direttore sanitario o tecnico presso le strutture sanitarie private ambulatoriali è garantita in base al volume dell’attività svolta e comunque per almeno il 30% delle ore di attività assicurate complessivamente dalla struttura anche su più sedi e per almeno il 50% per le altre, quali la chirurgia ambulatoriale e l'odontoiatria. La funzione del direttore sanitario o tecnico è comunque assicurata per tutto l’arco della settimana, anche attraverso la contattabilità, al fine di garantire il tempestivo intervento decisionale in caso di necessità. Durante l’orario riservato all’attività di direzione sanitaria, il direttore sanitario non può svolgere altra attività professionale all’interno della struttura”.
La normativa della Regione Toscana non prevede un limite allo svolgimento delle funzioni di direzione sanitaria presso più strutture, fermo restando che comunque deve essere garantito il rispetto dell'orario minimo di cui sopra presso ciascuna struttura.
Tutto ciò trova però un limite per le strutture odontoiatriche, di cui si tratterà in seguito.

Incompatibilità
L’art. 9 del Regolamento attuativo stabilisce che la funzione di direttore è incompatibile con la qualifica di proprietario, comproprietario, socio o azionista della società che gestisce la struttura sanitaria. Tuttavia tale incompatibilità non opera per le strutture ambulatoriali monospecialistiche, per le quali è quindi consentito al proprietario della struttura di assumere anche la direzione sanitaria, se in possesso dei requisiti.
Inoltre è evidente che il medico titolare di eventuali altri rapporti di lavoro, pubblici o privati, in regime di dipendenza o di convenzione, dovrà valutare la sussistenza di cause di incompatibilità con la funzione di direttore sanitario, sulla base del proprio contratto di lavoro.

Compenso
A seguito dell’abolizione del Tariffario, disposta dal Decreto Legge 223/2006, il compenso libero professionale del Direttore Sanitario non è codificato per cui vale la regola della libera contrattazione fra le parti, come in ogni ambito libero professionale.
In ogni caso resta cogente il principio contenuto nell’art. 54 del Codice di Deontologia Medica, secondo il quale l’onorario deve essere commisurato alla difficoltà e alla complessità dell’opera professionale. Inoltre, sempre l’art. 54 del Codice ricorda l’obbligo legale e deontologico di avere una idonea copertura assicurativa per responsabilità civile verso terzi connessa all’attività professionale.
Se invece il Direttore Sanitario è assunto come dipendente della struttura, allora si applicano i livelli retributivi previsti dai Contratti Nazionali di lavoro dei dipendenti del settore dell'Ospitalità Privata.

Particolarità per il settore odontoiatrico
L’art. 11 della Legge regionale n. 51/2009 prevede che nelle strutture monospecialistiche odontoiatriche, le funzioni del Direttore Sanitario possono essere svolte anche da un laureato in Odontoiatria (ovviamente iscritto all’Albo degli Odontoiatri).
Tuttavia l'art. 1 comma 153 della Legge n. 124 del 04/08/2017 ha previsto l'obbligo per le strutture monospecialistiche odontoiatriche private di dotarsi di un Direttore Sanitario iscritto all'Albo degli Odontoiatri, facendo diventare obbligatorio ciò che la Regione Toscana aveva previsto come possibilità, aggiungendo inoltre che è possibile svolgere questo incarico in una sola struttura.
Inoltre la medesima legge all'art. 1 comma 154 stabilisce che nelle strutture polispecialistiche presso le quali è autorizzata anche la branca di odontoiatria, ove il Direttore Sanitario della struttura non abbia i requisiti richiesti per l'esercizio dell'attività odontoiatrica (ad esempio sia un medico specialista in Igiene), deve essere nominato un responsabile per i servizi odontoiatrici iscritto all'Albo degli Odontoiatri.
Questa normativa statale è stata recepita dall'art. 8 del Regolamento regionale, secondo cui "Le strutture sanitarie polispecialistiche qualora sussista un ambulatorio odontoiatrico ove il direttore sanitario non sia dotato dei requisiti richiesti per l’esercizio della attività di odontoiatria devono dotarsi di un direttore sanitario che sia in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente; il direttore sanitario svolge la propria funzione in una sola struttura".

Rapporti con l’Ordine professionale
L'articolo 69 del Codice di Deontologia medica prescrive al Direttore Sanitario l’onere di comunicare "tempestivamente all'Ordine di appartenenza il proprio incarico nonché l'eventuale rinuncia".
Inoltre il comma 536 dell'art. 1 della Legge 145/2018, come modificato dalla Legge 23/12/2021 n. 238, prevede che se il Direttore Sanitario è iscritto ad un Ordine provinciale diverso da quello competente per il luogo nel quale la struttura sanitaria ha la sede operativa, debba comunicarlo all'Ordine provinciale territorialmente competente perché a quest'ultimo compete l'eventuale esercizio del potere disciplinare nei confronti del Direttore Sanitario, limitatamente alle funzioni connesse a tale incarico.
Per comunicare all'Ordine di Pisa l'assunzione o la cessazione dell'incarico, utilizzare questo  pdf Modulo (107 KB) .

Caso particolare delle Società tra professionisti
Nelle Società tra Professionisti non è richiesta la presenza della direzione sanitaria in quanto sono gli stessi professionisti titolari i responsabili, così come avviene per gli studi associati ed il socio professionista è sia il responsabile dell'attività che l'esecutore della prestazione. Eventuali soci di capitale non professionisti sono per legge minoritari e quindi non possono interferire sullo svolgimento dell’attività professionale.

Domande frequenti
La Regione Toscana pubblica e aggiorna periodicamente le FAQ in materia. Per consultarle: https://www.regione.toscana.it/documents/10180/11383004/FAQ.pdf/66fd76a5-4184-4806-363b-2b2812bfdb1a?t=1604659395673

Clicca per accedere all'articolo Obbligo SCIA: proroga termini al 02 novembre 2021

Si comunica agli iscritti che, grazie all'interesamento e l'intervento degli Ordini dei Medici della Toscana, il termine per l'adeguamento al nuovo regolamento della Regioen Toscana è stato prorogato al 02/11/2021.

pdf Proroga termini adeguamento SCIA/AUTORIZZAZIONE (91 KB)

Per assistenza è possibile contattare il numero della Regione Toscana 055-4384242 o scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Il nuovo Regolamento della Regione Toscana n. 90/R/2020 in materia di autorizzazioni e accreditamento delle strutture sanitari e degli studi professionali prevede importanti novità per gli studi medici che effettuano solo visite (senza nessuna attività invasiva).

Infatti l'art. 19 del nuovo Regolamento prevede che sono soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) semplificata gli studi medici che erogano visite o diagnostica strumentale non invasiva complementare all'attvità clinica.

Si ricorda che anche medici di medicina generale o pediatri di libera scelta sono soggetti a SCIA seSi ricorda che anche medici di medicina generale o pediatri di libera scelta sono soggetti a SCIA seerogano attività libero professionale specialistica.

Maggiori informazioni sul nuovo Regolamento sono disponibili sul sito della Regione Toscana: https://www.regione.toscana.it/-/autorizzazione-e-accreditamento-strutture-sanitarie e, al paragrafo denominato "Presentazione delle domande" è disponibile il collegamento alla piattaforma telematica STAR tramite la quale è possibile presentare la SCIA agli sportelli SUAP (sportelli attività produttive) dei Comuni della Toscana. L'accesso a tale piattaforma è subordinato al possesso dello SPID o della CNS. In mancanza, è possibile avvalersi di un intermediario abilitato (commercialista o consulente amministrativo).

Sul portale della rete dei SUAP della Toscana è disponibile il manuale d'uso con istruzioni in merito alla procedura telematica di trasmissione della SCIA: http://www.suap.toscana.it/documents/19/0/Manuale+STAR/3161a112-520a-4902-be45-b837430acd9b;jsessionid=HSueEoKjsCVpIDYlzG1PaCGZ.undefined?version=1.5

Gli studi già in attività hanno tempo per adeguarsi alla norma fino al 02 novembre 2021.

pdf Informativa Regolamento di attuazione Legge regionale n. 51/2009 (112 KB)

Sul sito della Regione Toscana, al link https://www.regione.toscana.it/documents/10180/11383004/FAQ.pdf/66fd76a5-4184-4806-363b-2b2812bfdb1a?t=1604659395673  sono riportate le faq sulla materia.

 

L'Ufficio Scolastico Regionale della Toscana e la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici della Toscana hanno aggiornato l'Intesa già sottoscritta lo scorso anno in merito ai certificati medici in ambito scolastico.

L'aggiornamento si è reso necessario per chiarire meglio alcuni punti e anche per prendere atto delle novità introdotte dal Decreto del Ministero della Salute dell'8 agosto 2014 in materia di attività sportiva non agonistica.

Di seguito si riporta il testo aggiornato dell'intesa e la modulistica concordata:

pdf intesa miur ftom certificati scolastici (287 KB)

pdf modulistica certificati scolastici (255 KB)

A seguito della riunione del Comitato Regionale per la Pediatria di Famiglia, svoltosi in data 24/01/2013 presso la Giunta Regionale della Regione Toscana, pubblichiamo le seguenti linee di comportamento dei Pediatri di Famiglia per quanto concerne le certificazioni scolastiche.

Vai al sito SISAC per consultare gli A.C.N. relativi a:

  • Medicina Generale
  • Pediatria
  • Medicina Specialistica

Come è noto la L.R. 9/2007 ed il successivo Protocollo di Intesa sottoscritto fra gli Ordini professionali e la Regione Toscana in data 08/04/2008, prevedono che gli Ordini professionali istituiscano gli elenchi dei Medici Chirurghi e Odontoiatri che esercitano le Medicine Complementari, definendo i criteri sufficienti per l'ammissione a detti elenchi nella fase transitoria.

Si ricorda che, dal combinato disposto dalla L.R. 9/2007 e del Protocollo di Intesa dell 8/4/2008, le norme transitorie sono in scadenza in data 07/04/2011.

Dalla data sopra precisata saranno iscritti negli elenchi di cui sopra esclusivamente i professionisti che abbiano ottemperato ai requisiti formativi previsti dalla L.R. 9/2007 e relativo protocollo.

pdf L.R. 09/2007 (41 KB)

pdf protocollo (73 KB)

Si pubblicano in forma integrale:

  • il Decreto Legislativo 30 marzo 2001,n. 165 “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”  -TESTO VIGENTE - Come modificato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (per la sezione relativa ai certificati di malattia vedere l'art. 55 septies, pag. 67)
  • la Circolare n. 2/2010/DPF/DDI del Ministro Brunetta relativa alla certificazione online-

pdf d lgs 165 del 2001 dopo riforma Brunetta dic 09 (318 KB)

A partire dal 1/1/2011 dovrà essere utilizzato dai medici certificatori unicamente il nuovo certificato di decesso (scheda di morte) che verrà distribuito da ISTAT entro i primi mesi del 2011. Tale certificato presenta le seguenti modifiche rispetto al modello attualmente in uso.

Autorizzazione ed accreditamento sono due processi di valutazione sistematica e periodica il cui obiettivo è quello di verificare il possesso, da parte dei servizi sanitari, di determinati requisiti relativi alle condizioni strutturali, organizzative e di funzionamento che influiscano sulla qualità dell'assistenza.
La Toscana disciplina sia l'autorizzazione che l'accreditamento con la legge regionale n. 8 del 23 febbraio 1999 "Norme in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi delle strutture sanitarie: autorizzazione e procedura di accreditamento" e con una serie di disposizioni attuative che prevedono un processo valutativo per il miglioramento del settore. Al fine di garantire livelli base di sicurezza e di qualità, sono stati definiti requisiti minimi per l'esercizio dell'attività sanitaria che devono essere soddisfatti anche per le strutture che operano in regime privato.

Strutture sanitarie private

Per poter esercitare la propria attività sanitaria, ogni soggetto privato deve avere un'autorizzazione obbligatoria che garantisca il possesso dei requisiti minimi.
Se poi desidera entrare a lavorare per conto e a carico del Sistema sanitario nazionale, deve dimostrare di essere in possesso di ulteriori requisiti di qualità ed essere quindi anche accreditato. L'accreditamento volontario fornisce lo status di soggetto idoneo ad operare per conto del Servizio sanitario nazionale ma per operare effettivamente a suo carico, i soggetti devono entrare in contrattazione con le relative Aziende sanitarie per concordare le prestazioni da mettere a disposizione.

Strutture pubbliche e equiparate al pubblico

Per i produttori di sanità,  pubblici e ad essi equiparati, i requisiti minimi di esercizio e quelli ulteriori di accreditamento sono verificati obbligatoriamente in un unico passaggio.
Tutte le Aziende sanitarie pubbliche hanno presentato domanda di accreditamento almeno per i presidi e le attività indicate nel programma regionale per l'accreditamento e sono tenute a presentare domanda in caso di attivazione di nuove strutture o nuove attività in strutture esistenti. In questo caso, l'inizio dell'attività è subordinato al rilascio dell'accreditamento.

Studi professionali

La LR n. 8/1999 stabilisce che siano soggetti ad autorizzazione anche gli studi professionali medici ed odontoiatrici attrezzati per erogare “prestazioni di particolare complessità o che comportino un rischio per il paziente”.
Con apposito regolamento sono stati introdotti criteri di distinzione fra prestazioni invasive e prestazioni a minore invasività. Sulla base di questa distinzione vengono individuati gli studi soggetti ad autorizzazione e quelli soggetti a dichiarazione di inizio attività (DIA).

Per approfondimenti e modulistica visitare:

D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 (1)
Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n.
88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212 (2)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212, recante delega al Governo per l'attuazione delle direttive 80/1107/CEE, 82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e 88/642/CEE del Consiglio, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 giugno 1991;
Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 agosto 1991;
Sulla proposta del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato;
Emana il seguente decreto legislativo:
Artt.
Capo I - Norme generali 1 - 9
Capo II - Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione al
piombo metallico ed ai suoi composti ionici durante il lavoro 10 – 21
Capo III - Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad
amianto durante il lavoro 22 – 37
Capo IV - Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro 38 – 49
Capo V - Norme penali 50 – 54
Capo VI - Disposizioni transitorie e finali 55 - 59
Capo I - Norme generali
1. Attività soggette.
1. Il presente decreto prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione durante il lavoro agli agenti chimici e fisici di cui ai capi II, III e IV.
2. Le disposizioni di cui ai capi II, III e IV non escludono l'applicabilità delle norme di cui al presente capo. Gli articoli 8 e 9 si applicano altresì in tutti i casi di esposizione, durante il lavoro, ad agenti chimici, fisici, nonché biologici.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano alle attività alle quali sono addetti i lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 (3).
4. Nei riguardi delle Forze armate, o di Polizia, dei Servizi di protezione civile e del Servizio sanitario nazionale per quanto concerne le sale operatorie degli ospedali, degli istituti di istruzione e di educazione, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze
connesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità (3/a).
2. Attività escluse.
1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai lavoratori della navigazione marittima ed
aerea.
3. Definizioni.
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
a) agente: l'agente chimico, fisico o biologico presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;
b) valore limite: il limite di esposizione nell'ambiente di lavoro interessato o il limite di un indicatore biologico relativo ai lavoratori esposti, a seconda dell'agente;
c) medico competente: un medico, ove possibile dipendente del Servizio sanitario nazionale, in possesso di uno dei seguenti titoli: specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o specializzazione equipollente; docenza in
medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro; libera docenza nelle discipline suddette;
d) organo di vigilanza: organo del Servizio sanitario nazionale, salve le diverse disposizioni previste
da norme speciali.
4. Misure di tutela.
1. Salvo quanto previsto nei capi II, III e IV, le misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei
lavoratori durante il lavoro nella materia di cui all'art. 1, comma 1, sono le seguenti:
a) la valutazione da parte del datore di lavoro dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) utilizzazione limitata dell'agente sul luogo di lavoro;
c) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono o possono essere esposti;
d) controllo dell'esposizione dei lavoratori mediante la misurazione dell'agente. La campionatura, la
misurazione dell'agente e la valutazione dei risultati si effettuano con le modalità e i metodi previsti per ciascun agente. Tali modalità e metodi sono aggiornati periodicamente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in base alle direttive CEE, nonché in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso scientifico e tecnologico;
e) misure da attuare, quando sia superato un valore limite, per identificare le cause del superamento ed ovviarvi;
f) misure tecniche di prevenzione;
g) misure di protezione collettiva;
h) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
i) misure di protezione comportanti l'applicazione di procedimenti e metodi di lavoro appropriati;
l) misure di protezione individuale, da adottare soltanto quando non sia possibile evitare in altro modo un'esposizione pericolosa;
m) misure di emergenza da attuare in caso di esposizione anormale;
n) misure igieniche;
o) informazione e formazione completa e periodica dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti su:
1) i rischi connessi con l'esposizione dei lavoratori all'agente e le misure tecniche di prevenzione;
2) i metodi per la valutazione dei rischi, l'indicazione dei valori limite e, ove fissate, le misure da prendere o già prese per motivi di urgenza, in caso di loro superamento, per ovviarvi;
p) attuazione di un controllo sanitario dei lavoratori prima dell'esposizione e, in seguito, ad intervalli regolari nonché, qualora trattisi di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, prolungamento del controllo dopo la cessazione dell'attività comportante l'esposizione;
q) tenuta e aggiornamento di registri indicanti livelli di esposizione, di elenchi di lavoratori esposti e di cartelle sanitarie e di rischio. I modelli e le modalità di tenuta dei registri, degli elenchi e delle cartelle relativi all'agente disciplinato sono determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità;
r) accesso dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti ai risultati delle misure di esposizione ed ai risultati collettivi non nominativi degli esami indicativi dell'esposizione;
s) accesso di ogni lavoratore interessato ai risultati dei propri controlli sanitari, in particolare aquelle degli esami biologici indicativi dell'esposizione;
t) accesso dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti ad un'informazione adeguata, atta a migliorare le loro conoscenze dei pericoli cui sono esposti;
u) un sistema di notifica alle competenti autorità statali, ovvero locali, delle attività che comportano esposizione all'agente oggetto di disciplina, con l'indicazione dei dati da comunicare.
2. Ai fini del presente decreto si intendono per rappresentanti dei lavoratori i loro rappresentanti nella unità produttiva, ovvero nell'azienda, come definiti dalla normativa vigente, ovvero dai contratti collettivi applicabili.
5. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti.
1. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che esercitano o sovraintendono alle attività indicate all'art. 1, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze:
a) attuano le misure previste nel presente decreto e nei provvedimenti emanati in attuazione del medesimo;
b) informano i lavoratori nonché i loro rappresentanti dei rischi specifici dovuti all'esposizione all'agente ed alle mansioni dei lavoratori medesimi e delle misure di prevenzione adottate, anche mediante dettagliate disposizioni e istruzioni lavorative, volte anche a salvaguardare il controllo strumentale; forniscono ai medesimi informazioni anonime collettive contenute nei registri di cui all'art. 4, comma 1, lettera q), e, tramite il medico competente, i risultati anonimi collettivi degli
accertamenti clinici e strumentali effettuati, nonché indicazioni sul significato di detti risultati; informano altresì i lavoratori sulle misure da osservare nei casi di emergenza o di guasti;
c) permettono ai lavoratori di verificare, mediante loro rappresentanti, l'applicazione delle misure di tutela della salute e di sicurezza;
d) forniscono ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di protezione;
e) provvedono ad un adeguato addestramento all'uso dei mezzi individuali di protezione;
f) dispongono ed esigono l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle disposizioni aziendali e delle norme, nonché l'uso appropriato dei mezzi individuali e collettivi di protezione messi a loro disposizione ed accertano che vi siano le condizioni per adempiere alle norme e disposizioni aziendali medesime;
g) esigono l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui procedimenti produttivi e sugli agenti inerenti all'attività.
2. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, informano i lavoratori autonomi ed i titolari di imprese incaricate a qualsiasi titolo di prestare la loro opera nell'ambito aziendale dei rischi specifici dovuti alla presenza di agenti nei luoghi di lavoro ove i suddetti lavoratori autonomi o quelli dipendenti dalle imprese incaricate sono destinati a prestare la loro opera. L'informazione comprende le modalità per prevenire i rischi e le specifiche disposizioni, anche aziendali, al riguardo.
3. Fermi restando gli obblighi dei datori di lavoro dei dirigenti e dei preposti di cui al comma 1 i titolari delle imprese incaricate a qualsiasi titolo di prestare la loro opera presso aziende che svolgono le attività di cui all'articolo 1 assicurano la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori propri dipendenti in relazione alla natura dei rischi risultanti dall'esposizione di questi ultimi, durante il lavoro, ad agenti di cui ai capi II, III e IV.
4. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che esercitano, dirigono e sovraintendono alle attività indicate all'articolo 1, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, ed i titolari delle imprese di cui al comma 3 cooperano all'attuazione delle misure di cui all'art. 4 e coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi cui sono esposti i lavoratori.
6. Obblighi dei lavoratori.
1. I lavoratori:
a) osservano oltre le norme del presente decreto le disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti ai fini della protezione collettiva ed individuale;
b) usano con cura ed in modo appropriato i dispositivi di sicurezza, i mezzi individuali e collettivi di
protezione, forniti o predisposti dal datore di lavoro;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente ed al preposto le deficienze dei suddetti dispositivi e mezzi, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre dette deficienze o pericoli;
d) non rimuovono o modificano, senza autorizzazione, i dispositivi di sicurezza, di segnalazione, di misurazione ed i mezzi individuali e collettivi di protezione;
e) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre non di loro competenza che possono compromettere la protezione o la sicurezza;
f) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro riguardi.
7. Obblighi del medico competente.
1. Lo stato di salute dei lavoratori esposti agli agenti di cui all'art. 1, comma 1, è accertato da un medico competente a cura e spese del datore di lavoro. Gli eventuali esami integrativi sono anch'essi a cura e spese del datore di lavoro.
2. Il medico competente esprime i giudizi di idoneità specifica al lavoro.
3. Per ogni lavoratore di cui al comma 1 il medico competente istituisce e aggiorna sotto la sua responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale.
4. Il medico competente fornisce informazioni ai lavoratori sul significato dei controlli sanitari cui sono sottoposti; fornisce altresì a richiesta informazioni analoghe ai loro rappresentanti.
5. Il medico competente informa ogni lavoratore interessato dei risultati del controllo sanitario ed in
particolare di quelli degli esami biologici indicativi dell'esposizione relativi alla sua persona.
6. Il medico competente visita gli ambienti di lavoro almeno due volte l'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori, i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza.
8. Allontanamento temporaneo dall'esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici.
1. Nel caso in cui il lavoratore per motivi sanitari inerenti la sua persona, connessi all'esposizione ad un agente chimico o fisico o biologico, sia allontanato temporaneamente da un'attività comportante
esposizione ad un agente, in conformità al parere del medico competente è assegnato, in quanto possibile, ad un altro posto di lavoro nell'ambito della stessa azienda. Avverso il parere del medico competente è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del parere medesimo, all'organo di vigilanza. Tale organo riesamina la valutazione degli esami degli accertamenti effettuati dal medico competente disponendo, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma o la modifica o la revoca delle misure adottate nei confronti dei lavoratori.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni inferiori conserva la retribuzione
corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originaria. Si applicano le
norme di cui all'art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (4), qualora il lavoratore venga adibito a
mansioni equivalenti o superiori.
3. I contratti collettivi di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali di categoria maggiormente
rappresentative, sul piano nazionale, dei datori di lavoro e dei lavoratori determinano il periodo
massimo dell'allontamento temporaneo agli effetti del comma 2.
9. Altre misure.
1. Fatto salvo quanto previsto dalla normativa per la protezione dell'ambiente esterno, il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto adottano, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedimenti appropriati per evitare che le misure tecniche per la tutela della salute e della sicurezza possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno.
Capo II - Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione al piombo metallico ed ai suoi composti ionici durante il lavoro
10. Attività soggette.
1. Le norme del presente capo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è il rischio di
esposizione al piombo metallico od ai suoi composti ionici, qui di seguito indicati come «piombo».
2. Le norme del presente capo non si applicano alle attività estrattive di minerali contenenti piombo ed alla preparazione di concentrati di minerali di piombo nel sito della miniera.
3. Nell'allegato I sono indicate a titolo esemplificativo le attività lavorative che comportano rischio di esposizione al piombo.
11. Valutazione del rischio.
1. Per tutte le attività lavorative di cui all'art. 10 il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione dei lavoratori al piombo al fine di adottare le idonee misure preventive e protettive.
2. Detta valutazione tende, in particolare, ad accertare l'inquinamento ambientale prodotto dal piombo aerodisperso, individuando i puntidi emissione ed i punti a maggior rischio delle aree lavorative, e comprende una determinazione dell'esposizione personale dei lavoratori al piombo ed una determinazione della piombemia.
3. Il datore di lavoro attua le disposizioni di cui agli articoli 12 commi 2 e 3, 13, 14 commi 2, 15, 17 e 21 qualora dalla valutazione di cui al comma 2 risulti l'esistenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a) esposizione dei lavoratori e concentrazione di piombo nell'aria superiore a 40 microgrammi di piombo per metro cubo di aria, espressa come media ponderata in funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore giornaliere;
b) livelli individuali di piombemia uguali o superiori a 35 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue, effettivamente correlabili all'esposizione.
4. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni volta che si verifichino nelle lavorazioni delle modifiche che possono comportare un aumento significativo dell'esposizione al piombo e, comunque, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
5. Nuove valutazioni sono inoltre effettuate, ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo disponga con
provvedimento motivato.
6. Per le imprese già in attività la valutazione di cui al comma 1 è effettuata entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Per le imprese che intraprendono le attività lavorative di cui all'articolo 10, la valutazione è effettuata non prima di 90 giorni dalla data dell'effettivo inizio dell'attività e non oltre centottanta giorni dalla data medesima.
7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati prima dell'effettuazione della valutazione di cui ai precedenti commi e sono informati dei risultati. Detti risultati sono riportati su un apposito registro da tenere a disposizione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti e dell'organo di vigilanza.
12. Informazione dei lavoratori.
1. In tutte le attività di cui all'art. 10 il datore di lavoro fornisce ai lavoratori prima che essi vengano
adibiti a dette attività, nonché ai loro rappresentanti, informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione al piombo, compresi i rischi per il nascituro ed il neonato;
b) le norme igieniche da adottare per evitare l'introduzione di piombo, ivi compresa la necessità di
non assumere cibi o bevande e di non fumare sul luogo di lavoro;
c) le precauzioni particolari per ridurre al minimo l'esposizione al piombo.
L'informazione è ripetuta con periodicità triennale e comunque ogni qualvolta vi siano delle modifiche
nelle lavorazioni che comportino un mutamento significativo nell'esposizione.
2. Nelle attività che comportano le condizionidi esposizione di cui all'art. 11, comma 3, il datore di lavoro fornisce altresì informazioni, per iscritto e con periodicità annuale, circa:
a) l'esistenza dei valori limite di cui agli articoli 16 e 18 e la necessità del controllo dell'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria e del controllo biologico;
b) il corretto uso degli indumenti protettivi e dei mezzi individuali di protezione.
3. Nelle attività di cui al comma 2 il datore di lavoro inoltre informa ogni singolo lavoratore, tramite il medico competente, dei risultati, delle misurazioni della piombemia e di altri indicatori biologici che lo riguardano, nonché dell'interpretazione data a tali risultati, ed i lavoratori ovvero i loro rappresentanti dei risultati statistici non nominativi del controllo biologico.
13. Misure tecniche, organizzative, procedurali.
1. Nelle attività lavorative che comportano le condizioni di esposizione indicate all'articolo 11, comma 3, il datore di lavoro:
a) assicura che gli edifici, i locali e gli impianti in cui avvengono le lavorazioni abbiano caratteristiche tali da poter essere sottoposti ad efficace pulizia e manutenzione;
b) assicura che nelle varie operazioni lavorative siano impiegati quantitativi di piombo non superiori alle necessità delle lavorazioni e che il piombo in attesa di impiego, se in forma fisica tale da presentare rischio di introduzione, non sia accumulato sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
c) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti al piombo, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate;
d) in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, adotta le misure concretamente attuabili per evitare o ridurre l'emissione di piombo e la sua diffusione negli ambienti di lavoro. Se tali misure comprendono l'installazione di dispositivi di aspirazione o di abbattimento del piombo, questi sono sistemati quanto più possibile vicino al punto di emissione. Sono eseguite delle misurazioni della concentrazione del piombo nell'aria, onde verificare l'efficacia delle misure adottate;
e) mette a disposizione dei lavoratori:
1. indumenti di lavoro o protettivi, tenendo conto delle proprietà chimico-fisiche del piombo o dei
composti del piombo cui i lavoratori sono esposti;
2. mezzi per la protezione delle vie respiratorie da usarsi in operazioni con manipolazione dei
prodotti polverosi e nelle pulizie;
3. mezzi individuali di protezione da usarsi secondo le previsioni di cui agli articoli 18, comma 4, 19, comma 1, e 20.
14. Misure igieniche.
1. In tutte le attività di cui all'articolo 10 il datore di lavoro:
a) assicura l'igiene degli ambienti di lavoro mediante regolare ed adeguata pulizia dei locali, dei macchinari e degli impianti;
b) predispone, in particolare, aree speciali senza rischio di contaminazione da piombo che consentano ai lavoratori di sostare, fumare, assumere cibi e bevande nelle pause di lavoro e nelle quali siano inoltre a disposizione dei lavoratori acqua potabile ed altre bevande non contaminate dal piombo presente sul posto di lavoro.
2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 11, comma 3, il datore di lavoro, inoltre:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi sanitari adeguati, provvisti di docce;
b) dispone che gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili. Il lavaggio è effettuato dall'impresa in lavanderie appositamente attrezzate, con una macchina adibita esclusivamente a questa attività. Il trasporto, sia all'interno sia all'esterno dello
stabilimento, è effettuato in imballaggi chiusi, opportunamente etichettati. L'attività di lavaggio è comunque compresa fra quelle indicate all'art. 10.
15. Controllo sanitario.
1. Nelle attività lavorative che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 11, comma 3, i lavoratori sono sottoposti a controllo sanitario (clinico e biologico).
2. Il controllo clinico, da effettuarsi in conformità ai criteri di cui all'allegato II, comprende:
a) una visita medica preventiva, per accertare l'assenza di controindicazioni al lavoro specifico ai fini della valutazione dell'idoneità dei lavoratori;
b) visite mediche periodiche, per controllare il loro stato di salute ed esprimere il giudizio di idoneità.
Le visite mediche periodiche hanno frequenza annuale, salvo i casi particolari indicati all'art. 16. Le
visite mediche includono indagini diagnostiche mirate, stabilite dal medico competente. Esse tengono conto, oltre che dell'entità dell'esposizione, anche della sensibilità individuale del lavoratore al piombo.
3. Il controllo biologico comprende la misurazione della piombemia, effettuata con il metodo di analisi riportato nell'allegato III.
4. Il controllo biologico può inoltre comprendere, se il medico competente lo ritiene necessario, la misurazione, effettuata con i metodi di analisi riportati nell'allegato III, di uno o più indicatori di effetto, in particolare:
a) escrezione urinaria dell'acido delta-amminolevulinico (A.L.A.U.);
b) protoporfirine di zinco (Z.P.P.).
5. La misurazione dell'A.L.A.U. e delle Z.P.P. è obbligatoria nei casi particolari indicati all'art. 16.
6. I metodi di analisi di cui ai commi 3 e 4 sono aggiornati periodicamente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, in base alle direttive CEE e in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso scientifico e tecnologico.
7. Salvo i casi particolari indicati all'articolo 16, il controllo biologico avviene con le frequenze sottoindicate:
a) annualmente, per valori di piombemia inferiori o uguali a 40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue;
b) ogni sei mesi, per valori di piombemia superiori a 40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue ed inferiori o uguali a 50 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue;
c) ogni tre mesi, per valori di piombemia superiori a 50 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue ed inferiori o uguali a 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue.
16. Superamento dei valori limite biologici.
1. Quando la piombemia individuale supera il valore di 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue, il medico competente sottopone immediatamente il lavoratore interessato ad una visita medica, nonché ad un controllo dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. e ne informa il datore di lavoro.
2. Il datore di lavoro adotta immediatamente le misure necessarie per identificare e rimuovere le cause di tale superamento, anche con eventuali ulteriori misurazioni della concentrazione di piombo
nell'aria, informando i lavoratori interessati del superamento e delle misure che intende adottare. In conformità al parere del medico competente, le misure cautelative possono consistere in una riduzione del tempo di esposizione o nell'allontanamento del lavoratore dall'esposizione stessa.
3. Il lavoratore che non sia stato allontanato dall'esposizione viene sottoposto ad un nuovo controllo della piombemia e dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. entro il termine di tre mesi. Se il valore di 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue continua ad essere superato, egli non può essere
mantenuto al suo posto di lavoro abituale per tutta la durata dell'orario lavorativo e la durata di tale
permanenza è convenientemente ridotta, su indicazione del medico competente. Il lavoratore può essere assegnato in alternativa, su conforme parere del medico competente, ad un'altra mansione che comporti una esposizione minore.
4. Le misure cautelative di cui al comma 3 possono non essere applicate nel caso in cui il valore dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. del lavoratore interessato sono, a giudizio del medico competente, compatibili con la sua normale attività lavorativa.
5. Tutti i lavoratori che si trovano nelle condizioni indicate ai commi precedenti sono sottoposti a visita medica ed al controllo della piombemia e dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. ad intervalli stabiliti dal medico competente e comunque inferiori a tre mesi, fino a che i valori dei parametri misurati non risultano, a giudizio del medico competente, compatibili con l'attività lavorativa normalmente svolta dagli stessi.
6. Se risulta superato almeno uno dei seguenti valori:
Piombemia: 70 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue;
A.L.A.U.: 15 milligrammi per grammo di creatinina;
Z.P.P.: 12 microgrammi per grammo di emoglobina, il datore di lavoro allontana al più presto il lavoratore interessato da quasiasi esposizione al piombo. Per tale lavoratore si continua ad applicare il controllo clinico e biologico previsto al comma 5.
7. Contro le misure adottate nei loro riguardi, i lavoratori interessati dalle disposizioni di cui ai commi precedenti possono inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni, informandone per iscritto il datore di lavoro.
8. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma 1.
9. Per le lavoratrici in età fertile il riscontro di valori di piombemia superiori a 40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue comporta, comunque, l'allontanamento dall'esposizione.
17. Controllo dell'esposizione dei lavoratori.
1. Nelle attività lavorative che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 11, comma 3, il datore di lavoro effettua un controllo periodico dell'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria.
2. Detto controllo è effettuato attraverso la misurazione della concentrazione del piombo nell'aria, espressa come media ponderata su un periodo di riferimento di otto ore giornaliere, utilizzando i metodi di prelievo e di dosaggio riportati nell'allegato IV.
3. Ogni misurazione, per un lavoratore o per un gruppo di lavoratori, deve essere rappresentativa dell'esposizione media giornaliera al piombo nell'aria.
4. Nel caso di attività che comportano variazione dell'esposizione nelle diverse giornate lavorative, il campionamento è effettuato nelle giornate in cui tale esposizione è verosimilmente maggiore.
5. La durata del campionamento non può essere, di norma, inferiore a quattro ore. Il campionamento può essere costituito da uno o più prelievi.
6. Se un gruppo di lavoratori esegue mansioni identiche o simili nello stesso luogo ed è perciò esposto a rischi per la salute analoghi, il campionamento può effettuarsi su base di gruppo. In tal caso è prelevato un campione per almeno un lavoratore su dieci.
7. Il controllo è effettuato con frequenza trimestrale. Se non interviene alcuna modifica che possa
provocare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori, il controllo avrà frequenza annuale previa comunicazione all'organo di vigilanza qualora sussistano le condizioni sottoindicate:
a) i risultati delle misurazioni hanno indicato, nei due controlli immediatamente precedenti, una concentrazione di piombo nell'aria inferiore a 100 microgrammi per metro cubo d'aria od una fluttuazione irrilevante nelle condizioni di esposizione;
b) il livello individuale di piombemia di ciascun lavoratore non è superiore a 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue.
8. I lavoratori o i loro rappresentanti sono consultati in riferimento a quanto previsto dal comma 4 e
sono informati sui risultati delle misurazioni effettuate e sul significato di detti risultati.
18. Superamento dei valori limite di esposizione
1. L'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria non può superare il valore limite di 150 microgrammi di piombo per metro cubo di aria, espressa come media ponderata in funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore giornaliere. In caso di superamento di detto valore il datore di lavoro identifica e rimuove le cause dell'evento, adottando quanto prima le misure appropriate. In conformità al parere del medico competente, lo stesso procede ad una determinazione immediata dei parametri biologici dei lavoratori interessati.
2. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 1 il datore di lavoro procede ad una nuova determinazione della concentrazione di piombo nell'aria.
3. Se le misure di cui al comma 1 non possono essere adottate immediatamente per motivi tecnici, il
lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se vengono adottate adeguate misure per la protezione dei lavoratori interessati, anche in conformità al parere del medico competente.
4. In ogni caso, se l'esposizione dei lavoratori interessati non può venire ridotta con altri mezzi, quali ad esempio la riduzione della permanenza giornaliera nell'area interessata e si rende necessario l'uso di mezzi individuali di protezione, tale uso non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
5. L'organo di vigilanza è informato tempestivamente, e comunque non oltre cinque giorni, delle rilevazioni effettuate e delle misure adottate o che si intendono adottare. Trascorsi trenta giorni dall'accertamento del superamento del valore di cui al comma 1, il lavoro può proseguire nella zona
interessata soltanto se l'esposizione dei lavoratori risulta nuovamente inferiore al suddetto valore limite.
6. Il datore di lavoro informa al più presto i lavoratori interessati ovvero i loro rappresentanti dell'evento di cui al comma 1 e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure che intende adottare, anche in relazione al comma 3; in casi di particolare urgenza, che richiedano interventi immediati, il datore di lavoro li informa al più presto delle misure già adottate.
19. Misure di emergenza.
1. Se si verificano eventi che possono provocare un incremento rilevante dell'esposizione al piombo, i lavoratori debbono abbandonare immediatamente la zona interessata. Potranno accedervi unicamente ilavoratori addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza il verificarsi di tali eventi e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.
20. Operazioni lavorative particolari.
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative per la cui natura è prevedibile che l'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria superi il valore limite di cui all'articolo 18, comma 1, e per le quali non si possono attuare misure tecniche preventive per limitare l'esposizione dei lavoratori, il datore di lavoro predispone un piano di lavoro contenente tutte le misure destinate a garantire la protezione dei lavoratori e dell'ambiente.
2. L'organo di vigilanza è informato di quanto sopra prima dell'inizio delle operazioni e può disporre l'attuazione di ulteriori misure o modifiche rispetto a quelle previste dal datore di lavoro.
3. Al termine delle operazioni i lavoratori sono sottoposti ad un controllo dell'A.L.A.U. Se il medico competente, tenuto anche conto dei risultati della misurazione dell'A.L.A.U., ne ravvisa la necessità, il lavoratore è sottoposto ad ulteriori esami clinici e biologici.
4. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono previamente consultati ai fini della predisposizione del piano di cui al comma 1.
21. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori.
1. I lavoratori incaricati di svolgere le attività che comportano le condizioni di esposizione indicate
nell'articolo 11, comma 3, sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera q).
2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio, cui comunica ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta l'ISPESL e la USL ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro;
c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni sopravvenute dall'ultima comunicazione;
d) consegna all'ISPESL e alla USL competente per territorio, in caso di cessazione dell'attività dell'impresa, il registro di cui al comma 1;
e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione dei lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 11, comma 3;
f) tramite il medico competente, comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro e nella cartella sanitaria e di rischio di cui all'art. 4, comma 1, lettera q).
4. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono riservati.
Capo III - Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro
22. Attività soggette.
1. Le norme del presente capo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
23. Definizioni.
1. Ai sensi del presente decreto il termine amianto designa i seguenti silicati fibrosi:
actinolite (n. CAS 77536-66-4);
amosite (n. CAS 12172-73-5);
antofillite (n. CAS 77536-67-5);
crisotilo (n. CAS 12001-29-5);
crocidolite (n. CAS 12001-78-4);
tremolite (n. CAS 77536-68-6).
24. Valutazione del rischio.
1. In tutte le attività lavorative di cui all'art. 22 il datore di lavoro effettua una valutazione del rischio dovuto alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire le misure preventive e protettive da attuare. Si applica l'art. 11, comma 6.
2. Detta valutazione tende, in particolare, ad accertare l'inquinamento ambientale prodotto dalla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, individuando i punti di emissione di dette polveri ed i punti a maggior rischio delle aree lavorative, e comprende una determinazione dell'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto.
3. Se l'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto, espressa come numero di fibre per centimetro cubo in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, supera 0,1 fibre per centimetro cubo, il datore di lavoro attua le disposizioni degli artt. 25, comma 1, 26, comma 2, 27, comma 2, 28, comma 2, 30 e 35. Tuttavia nel caso di attività che comportano l'impiego di amianto come materia prima gli articoli 25 e 30 sono in ogni caso applicabili.
4. Nel caso di attività a carattere saltuario e qualora l'amianto sia costituito da crisotilo, la determinazione dell'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto è sostituita dalla determinazione della dose cumulata in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, su un periodo di quaranta ore, misurata o calcolata ai sensi del comma 3.
5. Se detta dose supera 0,5 giorni-fibra per centimetro cubo, il datore di lavoro attua le disposizioni
degli articoli 25 comma 1, 26, comma 2, 27, comma 2, 28, comma 2, 30 e 35.
6. La valutazione di cui al comma 2 può prescindere dall'effettuazione di misurazioni strumentali nelle attività per le quali, a motivo delle caratteristiche delle lavorazioni effettuate o della natura e del tipo dei materiali trattati, si può fondatamente ritenere che l'esposizione dei lavoratori non supera i valori di cui ai commi precedenti. Per tale valutazione è possibile fare riferimento a dati ricavati da attività della medesima natura svolte in condizioni analoghe.
7. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino nelle lavorazioni delle modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto e, comunque, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
8. Nuove valutazioni sono inoltre effettuate ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo disponga, con provvedimento motivato.
9. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati prima dell'effettuazione della valutazione di cui al presente articolo e sono informati dei risultati riportati su un apposito registro da tenere a loro disposizione.
25. Notifica.
1. Fermo restando quanto previsto all'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 (5), ove applicabile, il datore di lavoro, che esercita attività nelle quali l'esposizione dei
lavoratori alla polvere di amianto risulta uguale o superiore ai valori indicati ai commi 3 o 5 dell'art. 24, notifica all'organo di vigilanza le risultanze della valutazione di cui allo stesso articolo, unitamente alle seguenti informazioni:
a) attività svolte e procedimenti applicati;
b) varietà e quantitativi annui di amianto utilizzati;
c) prodotti fabbricati;
d) numero di lavoratori addetti;
e) misure di protezione previste, con specificazione dei criteri per la manutenzione periodica e dei sistemi di prevenzione adottati.
2. Il datore di lavoro che esercita attività nelle quali l'amianto è impiegato come materia prima è comunque tenuto ad effettuare la notifica di cui al comma 1 a prescindere dal livello di esposizione dei lavoratori.
3. Il datore di lavoro effettua la notifica di cui ai commi precedenti entro trenta giorni dalla scadenza dei termini di cui all'art. 11, comma 6. Nel caso di nuove attività, l'inizio delle stesse è comunicato con lettera raccomandata all'organo di vigilanza entro quindici giorni.
4. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti hanno accesso alla documentazione oggetto della notifica di cui ai commi precedenti.
26. Informazione dei lavoratori.
1. Nelle attività di cui all'art. 22 il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti a dette attività, nonché ai loro rappresentanti, informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dei materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessità di non fumare;
c) le modalità di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei mezzi individuali di protezione;
d) le misure di precauzione particolari da prendere per ridurre al minimo l'esposizione.
L'informazione è ripetuta con periodicità triennale e comunque ogni qualvolta vi siano delle modifiche nelle lavorazioni che comportino un mutamento significativo dell'esposizione.
2. Nelle attività che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 o 5, l'informazione è ripetuta con periodicità annuale e comprende altresì l'esistenza dei valori limite di cui all'art. 31 e la necessità del controllo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto nell'aria.
27. Misure tecniche, organizzative, procedurali.
1. In tutte le attività di cui all'art. 22 il datore di lavoro:
a) assicura che gli edifici, i locali e gli impianti in cui avvengono le lavorazioni dell'amianto e dei materiali contenenti amianto abbiano caratteristiche tali da poter essere sottoposti ad efficace pulitura e manutenzione;
b) assicura che nelle varie operazioni lavorative siano impiegati quantitativi di amianto non superiori alle necessità delle lavorazioni e che l'amianto in attesa di impiego, se in forma fisica tale da presentare rischio di introduzione, non sia accumulato sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
c) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto, anche isolando le lavorazioni in
aree predeterminate;
d) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi sia emissione di polvere di amianto nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione della polvere deve avvenire il più possibile vicino al punto di emissione. Sono eseguite misurazioni della concentrazione della polvere di amianto nell'aria, onde verificare l'efficacia delle misure adottate;
e) mette a disposizione dei lavoratori:
1) adeguati indumenti di lavoro o protettivi;
2) mezzi di protezione delle vie respiratorie da usarsi in operazioni con manipolazioni di prodotti polverosi e nelle pulizie;
f) assicura che l'amianto allo stato grezzo ed i materiali polverosi che lo contengono siano conservati e trasportati in adeguati imballaggi chiusi;
g) provvede a che gli scarti ed i residui delle lavorazioni siano raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in appositi imballaggi chiusi e non deteriorabili, oppure con applicazione di rivestimenti idonei sui quali deve essere apposta un'etichetta indicante che essi contengono amianto.
Questa misura non si applica alle attività estrattive. Egli provvede, inoltre, a che essi siano smaltiti in conformità alle norme di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (6), e successive modifiche ed integrazioni.
2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 o 5, il datore di lavoro provvede altresì a che:
a) i luoghi nei quali si svolgono dette attività siano chiaramente delimitati e contrassegnati da apposita segnaletica di sicurezza;
b) detti luoghi siano accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano accedere a motivo del loro lavoro o delle loro mansioni;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori mezzi individuali di protezione da usarsi secondo le previsioni di cui all'art. 31, comma 7.
28. Misure igieniche.
1. Nelle attività di cui all'art. 22, il datore di lavoro:
a) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti, effettuando l'asportazione della polvere a mezzo di aspiratori adeguati;
b) predispone aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare, bere e sostarvi senza rischio di contaminazione da polvere di amianto. È permesso fumare soltanto in dette aree.
2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 24, commi 3 o 5, fatto salvo quanto disposto dal comma 6 dello stesso articolo, il datore di lavoro inoltre:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici adeguati, provvisti di docce. Ove possibile, queste sono ad uso esclusivo dei lavoratori addetti, con percorsi separati per l'ingresso e l'uscita dall'area di lavoro;
b) dispone che gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili. Il lavaggio è effettuato dall'impresa in lavanderie appositamente attrezzate, con una macchina adibita esclusivamente a questa attività. Il trasporto è effettuato in imballaggi chiusi, opportunamente etichettati. L'attività di lavaggio è comunque compresa fra quelle indicate all'art.22;
c) provvede a che i mezzi individuali di protezione di cui all'art. 27, comma 2, lettera c), siano
custoditi in locali all'uopo destinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi prima di ogni nuova utilizzazione. La pulitura di detti mezzi è effettuata mediante aspirazione.
29. Controllo sanitario.
1. Fermo restando quanto previsto in tema di prevenzione sanitaria dell'asbestosi dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (6/a), integrato dal decreto ministeriale 21 gennaio 1987, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 35 dell'11 febbraio 1987, il datore di lavoro, in
conformità al parere del medico competente, adotta, se necessario, misure preventive e protettive per singoli lavoratori, sulla base delle risultanze degli esami clinici effettuati. Tali misure possono comprendere l'allontanamento anche temporaneo del lavoratore interessato da qualsiasi esposizione all'amianto.
2. Contro le misure adottate nei loro riguardi i lavoratori interessati dalle disposizioni di cui al comma 1 possono inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni, informandone per iscritto il datore di lavoro.
3. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma 1.
4. Il medico competente fornisce ai lavoratori ovvero ai loro rappresentanti adeguate informazioni sul significato delle visite mediche alle quali essi sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
30. Controllo dell'esposizione dei lavoratori.
1. In tutte le attività che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 e 5, il
datore di lavoro effettua un controllo periodico dell'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto nell'aria. Nelle attività nelle quali l'amianto è impiegato come materia prima tale controllo è effettuato comunque, a prescindere dal grado di esposizione.
2. Il controllo di cui al comma 1 è effettuato attraverso la misurazione della concentrazione delle fibre di amianto nell'aria, espressa come media ponderata in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, usando i metodi di prelievo e di analisi riportati nell'allegato V.
3. Ai fini della misurazione si prendono in considerazione unicamente le fibre che hanno una lunghezza superiore a 5 micron, un larghezza inferiore a 3 micron ed il cui rapporto lunghezza/larghezza è superiore a 3:1.
4. Le misurazioni sono opportunamente programmate. Il campionamento è eseguito da personale in possesso di idonee qualifiche. I campioni sono analizzati in laboratori pubblici o privati all'uopo attrezzati ed autorizzati. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono stabiliti i requisiti minimi per l'esercizio delle attività di campionamento e di analisi e per il rilascio delle autorizzazioni laboratori di analisi da parte del Ministro della sanità.
5. Il campionamento deve essere relativo all'esposizione personale del singolo lavoratore e può comprendere uno o più prelievi. Esso è effettuato in modo da permettere la valutazione dell'esposizione giornaliera del lavoratore ed è integrato da un campionamento ambientale se questo è necessario per identificare le cause ed il grado dell'inquinamento.
6. Se la durata del campionamento non si estende all'intero periodo di riferimento di otto ore, è comunque effettuato un prelievo per ciascuna fase del ciclo lavorativo in modo da poter calcolare il valore della media ponderata della concentrazione delle fibre di amianto nell'aria per l'interoperiodo di otto ore. In ogni caso, la durata del campionamento non è complessivamente inferiore a due ore.
7. Se un gruppo di lavoratori esegue mansioni identiche o simili nello stesso luogo ed è perciò esposto a rischi per la salute analoghi, il campionamento può effettuarsi su base di gruppo.
8. Le misurazioni sono, di norma, eseguite ogni tre mesi e comunque ogni volta che intervengono mutamenti che possono provocare una variazione significativa dell'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto. La frequenza delle misurazioni può essere ridotta fino ad una volta all'anno, previa comunicazione all'organo di vigilanza, quando:
a) non interviene nessuna modifica sostanziale nelle condizioni del luogo di lavoro;
b) i risultati delle due misurazioni precedenti non hanno superato la metà dei valori limite indicati all'art. 31.
9. Nelle attività a carattere saltuario la frequenza delle misure è adattata alle condizioni esistenti, tenendo conto, in particolare, del numero annuo di giornate lavorative e della distribuzione di queste nel corso dell'anno. Detta frequenza è, in ogni caso, almeno annuale.
10. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono informati sui risultati delle misurazioni effettuate e sul significato di detti risultati e sono consultati prima dell'effettuazione del campionamento.
31. Superamento dei valori limite di esposizione.
1. I valori limite di esposizione alla polvere di amianto nell'aria, espressi come media ponderata in
funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore, sono:
a) 0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo (6/b);
b) 0,2 fibre per centimetro cubo per tutte le altre varietà di amianto, sia isolate sia in miscela, ivi
comprese le miscele contenenti crisotilo.
2. [A decorrere dal 1° gennaio 1993 il valore limite di esposizione per crisotilo è di 0,6 fibre per centimetro cubo, eccezion fatta per le attività estrattive. A decorrere dal 1° gennaio 1996 lo stesso valore limite di cui sopra è esteso alle attività estrattive] (7).
3. Nel caso di lavorazioni che possono comportare sensibili variazioni della concentrazione della polvere di amianto nell'aria, tale concentrazione non deve in ogni caso superare il quintuplo dei valori di cui ai commi precedenti per misure effettuate su un periodo di 15 minuti.
4. Se si verifica un superamento dei valori limite di esposizione di cui ai commi precedenti, il datore di lavoro identifica e rimuove la causa dell'evento adottando quanto prima misure appropriate.
5. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se sono state prese le misure adeguate per la
protezione dei lavoratori interessati e dell'ambiente. Se le misure di cui al comma 4 non possono essere adottate immediatamente per motivi tecnici, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se sono state adottate tutte le misure per la protezione dei lavoratori addetti e dell'ambiente, tenuto conto del parere del medico competente.
6. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 4, il datore di lavoro procede ad una nuova misurazione della concentrazione delle fibre di amianto nell'aria non appena sia ragionevole ritenere ultimata la deposizione dei quantitativi anomali di fibre preesistenti agli interventi medesimi.
7. In ogni caso, se l'esposizione dei lavoratori interessati non può venire ridotta con altri mezzi e si rende necessario l'uso dei mezzi individuali di protezione, tale uso non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
8. L'organo di vigilanza è informato tempestivamente e comunque non oltre cinque giorni delle rilevazioni effettuate e delle misure adottate o che si intendono adottare. Trascorsi novanta giorni dall'accertamento del superamento dei valori di cui ai commi 1, 2 e 3, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se l'esposizione dei lavoratori risulta nuovamente inferiore ai suddettivalori
limite.
9. Il datore di lavoro informa al più presto i lavoratori interessati ed i loro rappresentanti dell'evento e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure che intende adottare, anche ai sensi del comma 5; in casi di particolare urgenza, che richiedono interventi immediati, li informa al più presto delle misure già adottate.
32. Misure d'emergenza.
1. Se si verificano eventi che possono provocare un incremento rilevante dell'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata. Potranno accedervi unicamente i lavoratori addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza il verificarsi di tali eventi e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.
33. Operazioni lavorative particolari.
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative per la cui natura particolare è prevedibile che l'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto superi i valori limite di cui all'art. 31 e per le quali non è possibile attuare misure tecniche di prevenzione atte a limitare l'esposizione dei lavoratori, il datore di lavoro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti. In particolare, oltre ad applicare le misure generali indicate nei precedenti articoli:
a) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e mezzi individuali di protezione destinati ad essere usati
durante tali lavori;
b) provvede al rigoroso isolamento dell'area di lavoro ed all'installazione di adeguati sistemi di ricambio dell'aria con filtri assoluti;
c) provvede all'affissione di appositi cartelli segnaletici, recanti la scritta: «ATTENZIONE ZONA AD ALTO RISCHIO - POSSIBILE PRESENZA DI POLVERE DI AMIANTO IN CONCENTRAZIONE SUPERIORE AI VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE»;
d) predispone, consultando i lavoratori ovvero i loro rappresentanti, un piano di lavoro contenente tutte le misure destinate a garantire la protezione dei lavoratori e dell'ambiente e lo trasmette preventivamente all'organo di vigilanza.
34. Lavori di demolizione e di rimozione dell'amianto.
1. Il datore di lavoro predispone un piano di lavoro prima dell'inizio dei lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto, ovvero dei materiali contenenti amianto, dagli edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché dai mezzi di trasporto.
2. Il piano di cui al comma 1 prevede le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori e la protezione dell'ambiente esterno.
3. Il piano, in particolare, prevede:
a) la rimozione dell'amianto ovvero dei materiali contenenti amianto prima dell'applicazione delle
tecniche di demolizione, se opportuno;
b) la fornitura ai lavoratori di appositi mezzi individuali di protezione;
c) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale incaricato dei lavori;
d) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali;
e) l'adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori limite di cui all'art. 31, delle misure di cui all'art. 33, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico.
4. Copia del piano di lavoro è inviata all'organo di vigilanza, unitamente a informazioni circa:
a) natura dei lavori e loro durata presumibile;
b) luogo ove i lavori verranno effettuati;
c) tecniche lavorative per attuare quanto previsto alla lettera a) del comma 3;
d) natura dell'amianto contenuto nei materiali di coibentazione nel caso di demolizioni;
e) caratteristiche degli impianti che si intende utilizzare per attuare quanto previsto dalla lettera c)
del comma 3;
f) materiali previsti per le operazioni di decoibentazione.
5. Se l'organo di vigilanza non rilascia prescrizioni entro novanta giorni dall'invio della documentazione di cui al comma 4, i datori di lavoro possono eseguire i lavori, ferma restando la loro responsabilità per quanto riguarda l'osservanza delle disposizioni del presente decreto.
6. L'invio della documentazione di cui al comma 4 sostituisce gli adempimenti di cui all'art. 25.
7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti hanno accesso alla documentazione di cui al comma 4.
8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono fissate le norme tecniche da rispettare nell'esecuzione dei lavori di decoibentazione.
35. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori.
1. I lavoratori incaricati di svolgere attività che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 o 5, sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera q).
2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro, che è responsabile della sua tenuta.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio, cui comunica ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta l'ISPESL o la USL ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro;
c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro,
con le variazioni sopravvenute dall'ultima comunicazione;
d) consegna, in caso di cessazione dell'attività dell'impresa, il registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio;
e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione di lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'articolo 24, commi 3 o 5;
f) comunica ai lavoratori interessati tramite il medico competente le relative annotazioni individuali contenute nel registro e nella cartella sanitaria e di rischio di cui all'art. 4, comma 1, lettera q).
4. È istituito presso l'ISPESL, che ne cura l'aggiornamento, un registro nazionale dei lavoratori addetti
36. Registro dei tumori.
1. Presso l'ISPESL è istituito un registro dei casi accertati di asbestosi e di mesotelioma asbesto-correlati.
2. Gli organi del Servizio sanitario nazionale, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici e privati trasmettono all'ISPESL copia della documentazione clinica ovvero anatomopatologica riguardante ciascun caso di asbestosi e di mesotelioma asbesto-correlato.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del registro, nonché le modalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
37. Attività vietate.
1. È vietato l'uso dell'amianto in applicazione a spruzzo.
2. A decorrere dal 1° gennaio 1993 sono vietate le attività che implicano l'incorporazione di materiali isolanti o insonorizzati a bassa densità (inferiore a 1 g/cm3Æ) che contengono amianto.
Capo IV - Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro
38. Finalità.
1. Le norme del presente capo sono dirette alla protezione dei lavoratori contro i rischi per l'udito e, laddove sia espressamente previsto, contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro.
39. Definizioni.
1. Ai sensi delle presenti norme si intende per:
a) esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore (LEP, d), l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore espressa in dB(A) misurata, calcolata e riferita ad 8 ore giornaliere. Essa si esprime con la formula:
(omissis)
b) esposizione settimanale professionale di un lavoratore al rumore (LEP, w), la media settimanale dei valori quotidiani LEP, d, valutata sui giorni lavorativi della settimana.Essa è calcolata mediante la formula:
(omissis)
40. Valutazione del rischio.
1. Il datore di lavoro procede alla valutazione del rumore durante il lavoro, al fine di identificare i
lavoratori ed i luoghi di lavoro considerati dai successivi articoli e di attuare le misure preventive e
protettive, ivi previste. Si applica l'art. 11, comma 6.
2. Se a seguito della valutazione di cui al comma 1 può fondatamente ritenersi che l'esposizione quotidiana personale ovvero quella media settimanale, se quella quotidiana è variabile nell'arco della settimana, supera il valore di cui all'art. 42, la valutazione comprende una misurazione effettuata nell'osservanza dei criteri riportati nell'allegato VI.
3. La valutazione è programmata ed effettuata ad opportuni intervalli da personale competente, sotto la responsabilità del datore di lavoro.
4. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati, considerate in particolare le caratteristiche del rumore da misurare, la durata dell'esposizione, i fattori ambientali e le caratteristiche dell'apparecchio di misura. Essi devono permettere in ogni caso di stabilire se i valori indicati ai successivi articoli sono superati.
5. Fermo restando quanto previsto al comma 3, la valutazione deve essere comunque nuovamente effettuata ogni qualvolta vi è un mutamento nelle lavorazioni che influisce in modo sostanziale sul rumore prodotto ed ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo dispone con provvedimento motivato.
6. Il datore di lavoro redige e tiene a disposizione dell'organo di vigilanza un rapporto nel quale sono indicati i criteri e le modalità di effettuazione delle valutazioni e sono in particolare riportati gli elementi di cui ai commi 3 e 4.
7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati in ordine a quanto previsto dal comma 3.
41. Misure tecniche, organizzative, procedurali.
1. Il datore di lavoro riduce al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte (7/cost).
2. Nei luoghi di lavoro che possono comportare, per un lavoratore che vi svolga la propria mansione per l'intera giornata lavorativa, un'esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA oppure un valore della pressione acustica istantanea non ponderata superiore a 140 dB (200 Pa) è esposta una segnaletica appropriata.
3. Tali luoghi sono inoltre perimetrati e soggetti ad una limitazione di accesso qualora il rischio di esposizione lo giustifichi e tali provvedimenti siano possibili.
42. Informazione e formazione.
1. Nelle attività che comportano un valore dell'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al
rumore superiore a 80 dBA, il datore di lavoro provvede a che i lavoratori ovvero i loro rappresentanti vengano informati su:
a) i rischi derivanti all'udito dall'esposizione al rumore;
b) le misure adottate in applicazione delle presenti norme;
c) le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi;
d) la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso a norma dell'art. 43;
e) il significato ed il ruolo del controllo sanitario di cui all'art. 44 per mezzo del medico competente;
f) i risultati ed il significato della valutazione di cui all'art. 40.
2. Se le suddette attività comportano un valore dell'esposizione quotidiana personale al rumore superiore a 85 dBA, il datore di lavoro provvede a che i lavoratori ricevano altresì un'adeguata formazione su:
a) l'uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito;
b) l'uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzati in modo continuativo, producono un'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore pari o superiore a 85 dBA.
43. Uso dei mezzi individuali di protezione dell'udito.
1. Il datore di lavoro fornisce i mezzi individuali di protezione dell'udito a tutti i lavoratori la cui esposizione quotidiana personale può verosimilmente superare 85 dBA.
2. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono adattati al singolo lavoratore ed alle sue condizioni di lavoro, tenendo conto della sicurezza e della salute.
3. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, mantengono un livello di rischio uguale od inferiore a quello derivante da un'esposizione quotidiana personale di 90 dBA.
4. Fatto salvo quanto disposto dall'art. 41, comma 1, i lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dBA devono utilizzare i mezzi individuali di protezione dell'udito fornitigli dal datore di lavoro.
5. Se l'applicazione delle misure di cui al comma 4 comporta rischio di incidente, a questo deve ovviarsi con mezzi appropriati;
6. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati per la scelta dei modelli dei mezzi di cui al comma 1.
44. Controllo sanitario.
1. I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale al rumore supera 85 dBA, indipendentemente dall'uso di mezzi individuali di protezione, sono sottoposti a controllo sanitario (7/a).
2. Detto controllo comprende:
a) una visita medica preventiva, integrata da un esame della funzione uditiva eseguita nell'osservanza dei criteri riportati nell'allegato VII, per accertare l'assenza di controindicazioni al lavoro specifico ai fini della valutazione dell'idoneità dei lavoratori;
b) visite mediche periodiche, integrate dall'esame della funzione uditiva, per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità. Esse devono tenere conto, oltre che dell'esposizione, anche della sensibilità acustica individuale. La prima di tali visite è effettuata non oltre un anno dopo la visita preventiva.
3. La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente. Gli intervalli non possono essere comunque superiori a due anni per lavoratori la cui esposizione quotidiana personale non supera 90 dBA e ad un anno nei casi di esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA, di cui agli articoli 47 e 48 (7/b).
4. Il controllo sanitario è esteso ai lavoratori la cui esposizione quotidiana personale sia compresa tra 80 dBA e 85 dBA qualora i lavoratori interessati ne facciano richiesta e il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi.
5. Il datore di lavoro, in conformità al parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative.
6. Contro le misure adottate nei loro riguardi i lavoratori interessati dalle disposizioni di cui al comma 5 possono inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni, informandone per iscritto il datore di lavoro.
7. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma 1.
45. Superamento dei valori limite di esposizione.
1. Se nonostante l'applicazione delle misure di cui all'art. 41, comma 1, l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulta superiore a 90 dBA od il valore della pressione acustica istantanea non ponderata risulta superiore a 140 dB (200Pa), il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza, entro trenta giorni dall'accertamento del superamento, le misure tecniche ed organizzative applicate in conformità al comma 1 dell'art. 41, informando i lavoratori ovvero i loro rappresentanti.
46. Nuove apparecchiature, nuovi impianti e ristrutturazioni.
1. La progettazione, la costruzione e la realizzazione di nuovi impianti, macchine ed apparecchiature, gli ampliamenti e le modifiche sostanziali di fabbriche ed impianti esistenti avvengono in conformità all'art. 41, comma 1.
2. I nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad essere utilizzati durante il lavoro che
possono provocare ad un lavoratore che li utilizzi in modo appropriato e continuativoun'esposizione
quotidiana personale al rumore pari o superiore ad 85 dBA sono corredati da un'adeguata informazione relativa al rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che questa comporta.
3. Il datore di lavoro privilegia, all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore.
47. Lavorazioni che comportano variazioni considerevoli dell'esposizione quotidiana personale.
1. Laddove le caratteristiche intrinseche di un posto di lavoro comportano una variazione notevole dell'esposizione quotidiana di un lavoratore al rumore da una giornata lavorativa all'altra, il datore di lavoro può richiedere, per lavoratori che svolgono particolari compiti, deroghe all'applicazione del disposto dell'art. 43, a condizione che adeguati controlli mostrino che la media settimanale dei valori quotidiani di esposizione del lavoratore al rumore non supera il valore di 90 dBA.
2. La richiesta di deroga è inoltrata all'organo di vigilanza corredata da una descrizione della mansione svolta, con una indicazione dei valori dell'esposizione quotidiana personale che questa
comporta e da una relazione del medico competente, contenente anche una valutazione degli esami della funzione uditiva.
3. Qualora l'organo di vigilanza non rilasci prescrizioni entro trenta giorni dalla ricezione della documentazione di cui al comma 2, il datore di lavoro può usufruire della deroga di cui al comma 1, fermo restando la sua responsabilità per quanto riguarda l'osservanza delle disposizioni di cui al presente decreto.
48. Deroghe per situazioni lavorative particolari.
1. Il datore di lavoro può richiedere deroghe:
a) all'applicazione dell'art. 43, per situazioni eccezionali, nelle quali non sia possibile mediante misure tecniche ovvero organizzative, ivi compresa la riduzione del tempo di esposizione, ridurre l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al di sotto di 90 dBA anche con l'uso dei mezzi individuali di protezione di cui allo stesso art. 43;
b) all'applicazione dell'art. 43, per lavoratori che svolgono compiti particolari, che comportano un'esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA se l'applicazione di detta misura provocaun
aggravamento complessivo del rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori considerati e non è possibile evitare tale rischio con altri mezzi.
2. Le richieste di deroga sono inviate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ovvero al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato per ciò che attiene alle attività estrattive, e comprendono:
a) per i casi di cui al comma 1, lettera a):
1) la descrizione dell'attività lavorativa;
2) le misure preventive e protettive previste;
3) i mezzi individuali di protezione dell'udito da utilizzare;
4) l'esposizione quotidiana personale dei lavoratori interessati;
5) la certificazione del medico competente, contenente anche una valutazione degli esami della
funzione uditiva dei lavoratori interessati;
b) per i casi di cui al comma 1, lettera b):
1) la descrizione delle mansioni che comportano la esposizione anomala, con la specificazione delle cause che determinano un aggravamento del rischio complessivo in caso di utilizzazione dei mezzi personali di protezione:
2) le misure previste per ridurre, per quanto possibile, il rischio complessivo;
3) l'esposizione quotidiana personale dei lavoratori interessati;
4) la certificazione del medico competente, contenente anche una valutazione degli esami della
funzione uditiva dei lavoratori interessati.
3. La concessione delle deroghe di cui al comma 1, lettere a) e b), è condizionata dall'intensificazione del controllo sanitario da parte del medico competente.
4. Le deroghe sono concesse dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 (8). Per le attività estrattive le deroghe sono concesse dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Consiglio superiore delle miniere. Tali deroghe sono comunicate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per la compilazione del prospetto di cui al comma 6.
5. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per le deroghe di cui al comma 1, lettere a) e b), comporta la revoca nella stessa forma di cui al comma 4.
6. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni due anni alla Commissione delle Comunità europee il prospetto globale delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.
49. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori.
1. I lavoratori che svolgono le attività di cui all'art. 41 sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera q).
2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio, cui comunica, ogni tre anni e comunque ogni qualvolta l'ISPESL medesimo ne faccia richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro;
c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni sopravvenute dall'ultima comunicazione;
d) consegna all'ISPESL e alla USL competente per territorio, in caso di cessazione di attività dell'impresa, il registro di cui al comma 1;
e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione di lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 41;
f) comunica ai lavoratori interessati tramite il medico competente le relative annotazioni individuali contenute nel registro e nella cartella sanitaria e di rischio, di cui all'art. 4, comma 1, lettera q).
4. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono riservati.
Capo V - Norme penali
50. Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti.
1. I datori di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire dieci milioni a lire cinquanta milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5, comma 1, lettera d), 9, 11, commi da 1 a 6, 13, 16, 17, commi da 1 a 7, 18, commi da 1 a 5, 19, 20, commi 1, 2 e 3, 24, commi da 1 a 8, 25, commi da 1 a 3, 27, 30, commi da 1 a 8, 31, commi da 1 a 8, 32, 33, 34, commi da 1 a 6, 37, 40, commi da 1 a 5, 41, comma 1, 43, commi 1, 2, 3 e 5, 45 e 56. Alle stesse pene soggiacciono i datori di lavoro ed i dirigenti che non osservano le prescrizioni emanate dall'organo di vigilanza ai sensi degli articoli 8, comma 1, 16, comma 8, 20, comma 2, 29, comma 3, 34, comma 5, 44, comma 7, 46 e 47, comma 3;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire quindici milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5, commi 1, lettere b) ed e), 2 e 4, 7, commi 1 e 3, 12, 14, comma 2, 15, 18, comma 6, 21, 26, 28, comma 2, 29, 31, comma 9, 35, commi 1, 2 e 3, 40, comma 6, 41, commi 2 e 3, 42, 43, comma 6, 44 e 49;
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5, comma 1, lettere c), f) e g), 11, comma 7, 14, comma 1, 17, comma 8, 20, comma 4, 24, comma 9, 25, comma 4, 28, comma 1, 30, comma 9, 34, comma 7 e 40, comma 7 (9).
51. Contravvenzioni commesse dai preposti.
1. I preposti sono puniti:
a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da lire due milioni a lire diecimilioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5, commi 1, lettere b) e d), 2 e 4, 9, 11, commi da 1 a 6, 13, 14, comma 2, 15, 16, 17, commi da 1 a 7, 18, commi da 1 a 5, 19, 20, commi 1, 2 e 3, 24,commi da 1 a 8, 25, commi da 1 a 3, 27, 28, comma 2, 29, 30, commi da 1 a 8, 31, commi da 1 a 8, 32, 33, 34, commi da 1 a 6, 37, 40, commi da 1 a 5, 41, comma 1, 43, commi 1, 2, 3 e 5, 44 e 45;
b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per
l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5, comma 1, lettere c), e), f) e g), 11, comma 7, 12, 14,
comma 1, 17, comma 8, 18, comma 6, 20, comma 4, 21, 24, comma 9, 25, comma 4, 26, 28, comma 1, 30, comma 9, 31, comma 9, 34, comma 7, 35, commi 1, 2 e 3, 40, commi 6 e 7, 41, commi 2 e 3, 42, 43, comma 6 e 49 (9).
52. Contravvenzioni commesse dai lavoratori.
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire due milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 6, comma 1, lettera d), 19, 32, comma 1 e 43, comma 4;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire ottocentomila per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 6, comma 1, lettere a), b), c) ed e), 14, comma 2, lettera
b), 28, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c) (9).
53. Contravvenzioni commesse dal medico competente.
1. Il medico competente è punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 7, commi 1, 3 e 6, 15, 16, 20, 44 e 48, comma 3;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 7, comma 5, 12, 21, comma 1, lettera f), 29, comma 4 e 49, comma 3, lettera f) (9).
54. Contravvenzioni commesse dai produttori e dai commercianti.
1. Chiunque produce, pone in commercio, noleggia, cede in locazione o comunque installa impianti,
macchine ed apparecchiature senza osservare le disposizioni di cui all'art. 46 è punito con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da lire dieci milioni a lire quarantamilioni (9).
Capo VI - Disposizioni transitorie e finali
55. Esercizio dell'attività di medico competente.
1. I laureati in medicina e chirurgia che, pur non possedendo i requisiti di cui all'art. 3, comma 1, lettera c), alla data di entrata in vigore del presente decreto abbiano svolto l'attività di medico del lavoro per almeno quattro anni, sono autorizzati ad esercitare la funzione di medico competente.
2. L'esercizio della funzione di cui al comma 1 è subordinato alla presentazione, all'assessorato
regionale alla sanità territorialmente competente, di apposita domanda corredata dalla documentazione comprovante lo svolgimento dell'attività di medico del lavoro per almeno quattro anni.
3. La domanda è presentata entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. L'assessorato alla sanità provvede entro novanta giorni dalla data di ricezione della domanda stessa (9/cost).
56. Disposizioni transitorie.
1. Sino al decorso del termine di cui agli articoli 11, comma 6, 24, comma 1, e 40, comma 1, i datori di lavoro e i dirigenti sono tenuti ad adottare le misure necessarie ad evitare un incremento anche temporaneo dell'esposizione dei lavoratori al piombo, alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, ed al rumore.
57. Termine per l'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. In prima applicazione i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui agli articoli 4, comma 1, lettera d), 30, comma 4, 34, comma 8, e 36, comma 3, sono adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
58. Altri agenti nocivi.
1. L'esposizione dei lavoratori alle radiazioni ionizzanti resta disciplinata dalle norme speciali vigenti.
2. Per quanto non espressamente o diversamente disciplinato, per gli agenti di cui ai capi II, III o IV, si applicano le norme vigenti ed in particolare quelle contenute nel decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 (10).
3. Le disposizioni per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici non disciplinati dal presente decreto sono adottate:
a) in conformità alle misure di cui all'art. 4 tenendo conto della natura dell'agente, delle conoscenze tecnico-scientifiche disponibili, dell'intensità e durata dell'esposizione e della gravità del rischio e prevedendo la fissazione di divieti parziali o totali quando il ricorso agli altri mezzi disponibili non consenta una protezione sufficiente;
b) tenendo conto, nella fissazione del valore limite di cui all'art. 3, comma 1, lettera b), del valore limite indicativo fissato dalla CEE;
c) stabilendo la conformità delle modalità e dei metodi di misurazione e campionatura dell'agente a quelli previsti dall'allegato VIII e prevedendone la modifica nei termini di cui all'art. 4, comma 1,
lettera d).
4. L'adozione delle disposizioni di cui al comma 3 avviene previa consultazione delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale.
59. Abrogazioni.
1. Sono abrogate tutte le norme incompatibili con quelle contenute nel presente decreto. In particolare:
a) limitatamente all'esposizione al piombo, non si applicano gli articoli 4, 5, 18, terzo comma, 19 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 (10). È soppressa, inoltre, la voce «piombo» nella tabella allegata al suddetto decreto;
b) limitatamente all'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, non si applicano gli articoli 4, 5, 18, terzo comma, 19 e 21, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 (10). Esse abrogano, inoltre, il decreto del 16 ottobre 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 29 novembre 1986: «Integrazione delle norme del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, in materia di controllo dell'aria ambiente nelle attività estrattive dell'amianto»;
c) limitatamente all'esposizione al rumore, non si applicano gli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 (10); limitatamente al danno uditivo non si applica l'art. 24 dello stesso decreto; la voce rumori nella tabella allegata al suddetto decreto è soppressa.
(Si omettono gli allegati)
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 agosto 1991, n. 200, S.O.
(2) Riportata alla voce Comunità europee. Vedi, anche, l'art. 32, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 441, riportato alla voce Sanità pubblica. Per il regolamento di attuazione del presente decreto, vedi il D.M. 14 giugno 2000, n. 284.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 12 marzo 1996, n. 60;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 14 novembre 1996, n. 29.
(3) Riportato al n. C/I.
(3/a) Comma così modificato dall'art. 1-bis, D.L. 23 ottobre 1996, n. 542, riportato alla voce Termini di prescrizione e decadenza (Sospensione di). In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.M. 14 giugno 2000, n. 284.
(4) Riportata alla voce Lavoro.
(5) Riportato al n. C/I.
(6) Riportato alla voce Rifiuti solidi urbani.
(6/a) Riportato alla voce Infortuni sul lavoro e malattie professionali (Assicurazione obbligatoria contro gli).
(6/b) Lettera così sostituita dall'art. 3, L. 27 marzo 1992, n. 257, riportata al n. C/IV.
(7) Comma abrogato dall'art. 3, L. 27 marzo 1992, n. 257, riportata al n. C/IV.
(7/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 18-25 luglio 1996, n. 312 (Gazz. Uff. 21 agosto 1996, n. 34, Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 41, primo comma, sollevata in riferimento agli artt. 25 e 70 della Costituzione.
(7/a) Il comma 9, dell'art. 8, L. 17 ottobre 1967, n. 977, nel testo sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 262 (Gazz. Uff. 25 settembre 2000, n. 224), ha disposto che il controllo sanitario di cui al presente comma, si applica, con periodicità almeno biennale, agli adolescenti la cui esposizione personale al rumore sia compresa fra 80 e 85 decibel.
(7/b) Così corretto con avviso pubblicato sulla Gazz. Uff. 6 novembre 1991, n. 260. In deroga a quanto disposto nel presente comma vedi il comma 10 dell'art. 8, L. 17 ottobre 1967, n. 977, nel testo sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 262 (Gazz. Uff. 25 settembre 2000, n. 224).
(8) Riportato al n. A/II.
(9) Articolo così modificato dall'art. 27, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, riportato alla voce Lavoro.
(9) Articolo così modificato dall'art. 27, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, riportato alla voce Lavoro.
(9) Articolo così modificato dall'art. 27, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, riportato alla voce Lavoro.
(9) Articolo così modificato dall'art. 27, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, riportato alla voce Lavoro.
(9) Articolo così modificato dall'art. 27, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, riportato alla voce Lavoro.
(9/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 12 - 27 gennaio 1995, n. 30 (Gazz. Uff. 1 febbraio 1995 n. 5), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(10) Riportato al n. C/I.
(10) Riportato al n. C/I.
(10) Riportato al n. C/I.
(10) Riportato al n. C/I.

L. 18 febbraio 1989, n. 56 (1).

1. Definizione della professione di psicologo.
1. La professione di psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.
2. Requisiti per l'esercizio dell'attività di psicologo.
1. Per esercitare la professione di psicologo è necessario aver conseguito l'abilitazione in psicologia mediante l'esame di Stato ed essere iscritto nell'apposito albo professionale.
2. L'esame di Stato è disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Sono ammessi all'esame di Stato i laureati in psicologia che siano in possesso di adeguata documentazione attestante l'effettuazione di un tirocinio pratico secondo modalità stabilite con decreto del Ministro della pubblica istruzione, da emanarsi tassativamente entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Esercizio dell'attività psicoterapeutica.
1. L'esercizio dell'attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica (2).
2. Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica.
3. Previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione (3).
4. Istituzione dell'albo.
1. È istituito l'albo degli psicologi.
2. Gli iscritti all'albo sono soggetti alla disciplina stabilita dall'articolo 622 del codice penale.
5. Istituzione dell'ordine degli psicologi.
1. Gli iscritti all'albo costituiscono l'ordine degli psicologi. Esso è strutturato a livello regionale e, limitatamente alle province di Trento e di Bolzano, a livello provinciale.
6. Istituzione di sedi provinciali del consiglio regionale dell'ordine.
1. Qualora il numero degli iscritti all'albo in una regione superi le mille unità e ne facciano richiesta almeno duecento iscritti residenti in province diverse da quella in cui ha sede l'ordine regionale e tra loro contigue, può essere istituita una ulteriore sede nell'ambito della stessa regione.
2. L'istituzione avviene con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio nazionale dell'ordine.
3. Al Consiglio dell'ordine della sede istituita ai sensi dei commi 1 e 2, si applicano le stesse disposizioni stabilite dalla presente legge per i consigli regionali o provinciali dell'ordine.
7. Condizioni per l'iscrizione all'albo.
1. Per essere iscritti all'albo è necessario:
a) essere cittadino italiano o cittadino di uno Stato membro della CEE o di uno Stato con cui esiste trattamento di reciprocità;
b) non avere riportato condanne penali passate in giudicato per delitti che comportino l'interdizione dalla professione;
c) essere in possesso della abilitazione all'esercizio della professione;
d) avere la residenza in Italia o, per cittadini italiani residenti all'estero, dimostrare di risiedere all'estero al servizio, in qualità di psicologi, di enti o imprese nazionali che operino fuori del territorio dello Stato.
8. Modalità di iscrizione all'albo.
1. Per l'iscrizione all'albo l'interessato inoltra domanda in carta da bollo, al consiglio regionale o provinciale dell'ordine, allegando il documento attestante il possesso del requisito di cui alla lettera c) dell'articolo 7, nonché le ricevute dei versamenti della tassa di iscrizione e della tassa di concessione governativa nella misura prevista dalle vigenti disposizioni per le iscrizioni negli albi professionali.
2. I pubblici impiegati debbono, inoltre, provare, se è loro consentito l'esercizio della libera professione.
3. Ove tale esercizio sia precluso, ne viene riportata sull'albo annotazione con la relativa motivazione.
9. Iscrizione.
1. Il consiglio regionale o provinciale dell'ordine, di cui al precedente articolo 8, esamina le domande entro due mesi dalla data del loro ricevimento.
2. Il consiglio provvede con decisione motivata, su relazione di un membro, redigendo apposito verbale.
… omissis …

35. Riconoscimento dell'attività psicoterapeutica.

1. In deroga a quanto previsto dall'articolo 3, l'esercizio dell'attività psicoterapeutica è consentito a coloro i quali o iscritti all'ordine degli psicologi o medici iscritti all'ordine dei medici e degli odontoiatri, laureatisi entro l'ultima sessione di laurea, ordinaria o straordinaria, dell'anno
accademico 1992-1993, dichiarino, sotto la propria responsabilità, di aver acquisita una specifica formazione professionale in psicoterapia, documentandone il curriculum formativo con l'indicazione delle sedi, dei tempi e della durata, nonché il curriculum scientifico e professionale, documentando la preminenza e la continuità dell'esercizio della professione psicoterapeutica (5) (2/cost).
2. È compito degli ordini stabilire la validità di detta certificazione.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono applicabili fino al compimento del quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge (6).


(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 febbraio 1989, n. 46, S.O.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 12 maggio 1999, n. 104.
(2) Vedi, anche, il regolamento approvato con D.M. 11 dicembre 1998, n. 509, riportato al n. IV.
(3) Con D.M. 12 ottobre 1992 (Gazz. Uff. 29 ottobre 1992, n. 255), modificato dal D.M. 17 marzo 1994 (Gazz. Uff. 22 marzo 1994, n. 67), sono state stabilite le modalità per la presentazione delle domande di riconoscimento all'esercizio dell'attività psicoterapeutica.
(5) Comma così modificato dall'art. 1, comma 2, L. 14 gennaio 1999, n. 4, riportata alla voce Istruzione pubblica: istruzione superiore.
(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 20-27 luglio 1995, n. 412 (Gazz. Uff. 23 agosto 1995, n. 35, Serie speciale) ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 35, comma 1, sollevate in riferimento agli artt. 3, 35 e 32 della Costituzione.
(6) Per la proroga del termine, vedi l'art. 1, comma 3, L. 14 gennaio 1999, n. 4, riportata alla voce Istruzione pubblica: istruzione superiore. Vedi, anche, l'art. 2, comma 3, L. 29 dicembre 2000, n. 401.

Entro il 31 marzo di ogni anno il titolare del trattamento dei dati personali e sensibili deve redigere il Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS). In tale documento devono essere indicate le misure minime adottate per assicurare un livello minimo di protezione dei dati, come previsto dal Disciplinare Tecnico allegato alla legge. Il documento deve essere conservato agli atti del professionista e non deve essere inviato ad alcuna Autorità. L'Autorità Garante per la Privacy ha diffuso una "Guida" per la compilazione del Documento Programmatico per la Sicurezza.
Tenendo presente le istruzioni contenute nella Guida predisposta dal Garante, ogni medico e odontoiatra può redigere manualmente il DPS, oppure avvelersi di appositi software prodotti dalle aziende di informatica. In alternativa, piuttosto che redigere personalmente il DPS, è possibile richiedere la consulenza di esperti o aziende per la redazione del Documento stesso.

In ambito sanitario si semplifica l’informativa da rilasciare agli interessati e si consente di manifestare il necessario consenso al trattamento dei dati con un’unica dichiarazione resa al medico di famiglia o all’organismo sanitario (il consenso vale anche  per la pluralità di trattamenti a fini di salute erogati da distinti reparti e unità dello stesso organismo, nonché da più strutture ospedaliere e territoriali).

Per il settore sanitario vengono inoltre codificate misure per il rispetto dei diritti del paziente: distanze di cortesia, modalità per appelli in sale di attesa, certezze e cautele nelle informazioni telefoniche e nelle informazioni sui ricoverati, estensione delle esigenze di riservatezza anche agli operatori sanitari non tenuti al segreto professionali.

Vengono introdotte (a partire dal 1 gennaio 2005) le cosiddette ricette impersonali, la possibilità cioè di non rendere sempre e in ogni caso immediatamente identificabili in farmacia gli intestatari di ricette attraverso un tagliando predisposto su carta copiativa che, oscurando il nome e l’indirizzo dell’assistito, consente comunque la visione di tali dati da parte del farmacista nei casi in cui sia necessario.

Per i dati genetici viene previsto il rilascio di un’apposita autorizzazione da parte del Garante, sentito il Ministro della salute.

Per quanto riguarda le cartelle cliniche sono previste particolari misure per distinguere i dati relativi al paziente  da quelli eventualmente riguardanti altri interessati (comprese le informazioni relative ai nascituri), ma anche specifiche cautele per il rilascio delle cartelle cliniche a persone diverse dall'interessato

I medici e gli odontoiatri liberi professionisti e/o convenzionati con il SSN titolari di studio o ambulatorio o studio associato, dovranno predisporre, entro il 31 marzo 2006, il documento programmatico sulle misure di sicurezza per il trattamento dei dati personali e sensibili con/senza l'ausilio di strumenti elettronici di cui agli articoli rispettivamente 34 e 35 del D.Lgs 196/03. (All.ti 1-2).
II documento programmatico dovrà essere custodito dal Titolare dello studio o nel caso di studio associato dal Responsabile e non deve essere inviato ad alcuna autorità, ma va esibito in caso di specifica richiesta da parte del Garante.
Nel documento programmatico (all.to 1), nello spazio riservato al Titolare deve essere riportato il nominativo della persona fisica o la ragione sociale della persona giuridica, qualora si tratti di studio associato o di ambulatorio. Al Titolare competono le decisioni relative alle finalità e modalità del trattamento dei dati, la nomina del Responsabile e dell'Incaricato.
Nello spazio riservato al Responsabile dovrà essere riportato il nominativo della persona fisica o la ragione sociale della persona giuridica, soltanto se sia stato nominato e la data della lettera di incarico (all.to 3- lettera di nomina). Nell'ipotesi in cui non venga nominato il Responsabile il Titolare ne assume le funzioni. Il Responsabile può essere interno alla struttura (studio, ambulatorio o studio associato) ovvero esterno, come nel caso dello studio commercialista o del professionista commercialista che tratta, per conto del Titolare, i dati personali dei pazienti e dei dipendenti dello studio o ambulatorio o studio associato, a causa della tenuta della contabilità.
Nella casella relativa all'Incaricato se nominato, deve essere indicato il nominativo della persona fisica (non è ammessa la nomina di persona giuridica) e la data della lettera di nomina, (all.to 4 - lettera di incarico) e l'autorizzazione a compiere le operazioni di trattamento dei dati personali e l'avvenuta formazione e la consegna del D.Lgs 196/03 evidenziando le principali nozioni di competenza. (all.to 5 - vademecum).
L'Incaricato può essere nominato dal Titolare o dal Responsabile ed è sotto la diretta responsabilità e controllo di chi li ha nominati. E' consigliabile che le persone che, comunque, frequentano lo studio o l'ambulatorio siano nominati Incaricati qualora non rivestano la figura di Responsabile.

Nel documento programmatico deve essere esplicitato che sono trattati dati personali e sensibili relativi a: - cartella clinica paziente; - dati anagrafici paziente; - dati anagrafici dipendenti; - dati fornitori.
In fase di ricognizione devono essere accertate le seguenti operazioni: - raccolta; - registrazione; - aggiornamento; - conservazione; - modificazione; - comunicazione ; - cancellazione.
II documento deve contenere le misure di protezione adottate per evitare rischi di distruzione, danneggiamento o perdita dei dati, accesso non autorizzato al trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta: - parola chiave per accesso elaboratore; - eventuali più parole chiave se diversi incaricati; - periodica modifica parola chiave; - predisposizione copia su supporto magnetico; - adozione misure idonee per il ripristino dell'accesso ai dati.

L'analisi dei rischi è personalizzata e soprattutto in dipendenza dei locali ove è allocato il PC. Se il PC è ubicato al piano terra è indispensabile che le finestre vengano munite di grate o, comunque, di misure tali da non consentire l'accesso in assenza del Titolare e/o dell'Incaricato. La porta di ingresso deve essere chiusa a chiave e il PC deve essere protetto da una parola chiave che non coincide con la data di nascita o altra chiave alfanumerica facilmente individuabile.
Nel PC devono essere riportati: cartella clinica se esistente o scheda personale del paziente; dati anagrafici dei collaboratori; dati anagrafici dei fornitori.

Deve essere operato uno sbarramento attraverso password per cui la cartella clinica può essere consultata soltanto dal Titolare dello studio mentre i dati anagrafici del personale, dei pazienti e dei fornitori possono essere consultati dal Responsabile se nominato. La password dell'Incaricato e/o del Responsabile non deve essere portata a conoscenza del Titolare. Peraltro è necessario che la password venga conservata in busta chiusa, in una cassetta di sicurezza o in un armadio chiuso a chiave.
In caso di necessità o di assenza dell'Incaricato o dei Responsabile, il Titolare può aprire la busta per conoscere la parola chiave e, quindi, procedere al trattamento dei dati personali.
L'Incaricato allorché rientra in servizio procederà a individuare una nuova parola chiave che conserverà con le modalità di cui innanzi. Le stesse modalità valgono per fa compilazione del documento programmatico senza l'ausilio di strumenti elettronici ex art. 35, vale a dire documentazione cartacea. Nel caso di documentazione cartacea la cartella clinica dei pazienti, i dati anagrafici dei pazienti, i dati anagrafici dei dipendenti e i dati anagrafici dei fornitori vanno conservati in un armadio chiuso a chiave sotto la responsabilità del Titolare. La porta del locale ove è sito l'armadio deve essere chiusa a chiave

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