REDAZIONE DOTTNET | 23/02/2023

La principale novità di quest’anno per i medici dipendenti è la Quota 103, che consente l’uscita ai nati entro il 31 dicembre 1961 che maturano 41 anni di contributi entro il 31 dicembre 2023. I due requisiti vanno raggiunti insieme

Il lavoro aumenta, la burocrazia soffoca, la volontà di rispettare tempi ed incombenze burocratiche è ai minimi storici, insomma la voglia di pensione non diminuisce, a maggior ragione per medici ed odontoiatri, spesso esposti a responsabilità, stress e turni massacranti. Vediamo quindi quali sono i principali canali per accedere al pensionamento nel 2023. 

Per i convenzionati Enpam (medici di famiglia, pediatri di libera scelta, addetti alla continuità, emergenza e medicina dei servizi, specialisti ambulatoriali), nessuna novità di rilievo. Per la pensione anticipata continua a bastare la quota 97 (almeno 62 anni di età ed almeno 35 anni di contributi), oppure 42 anni di contribuzione con qualunque età. La pensione di vecchiaia si conquista a 68 anni, con un minimo di 15 anni di contributi, oppure anche senza, se a 68 anni si è ancora in servizio. 

Per i liberi professionisti Enpam (tra i quali molto numerosi sono gli odontoiatri), i requisiti sono identici (quota 97 per la pensione anticipata e 68 anni per la vecchiaia), ma con l’importante differenza che non è obbligatorio interrompere l’attività e quindi si può tranquillamente cumulare la pensione con i compensi professionali. Importante ricordare che nel computo dei 35 anni di servizio vale il principio Enpam della totalizzazione interna: cioè i convenzionati possono aggiungere, ai fini del diritto, gli anni di contribuzione alla gestione dei liberi professionisti (ovviamente se non coincidenti) e viceversa. Il riscatto degli anni di laurea, invece, vale soltanto per la gestione dove è stato effettuato. 

Anche per i medici dipendenti iscritti all’Inps (ospedalieri e dipendenti di Asl e case di cura) i requisiti ordinari sono rimasti invariati. Per il conseguimento della pensione anticipata occorrono sempre 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, a prescindere dall’età anagrafica. Dopo il raggiungimento del requisito, però, bisogna aspettare altri tre mesi (la cosiddetta finestra) per l’effettiva decorrenza della pensione. Per il pensionamento di vecchiaia occorrono invece 67 anni unitamente ad almeno 20 anni di contribuzione. 

Va puntualizzato che i medesimi requisiti valgono anche nel caso di pensione in cumulo, quando cioè si mettono insieme i periodi contributivi di Inps ed Enpam. In questo caso il requisito della pensione anticipata è più facilmente raggiungibile perché si può utilizzare la contribuzione della Quota A dell’Enpam (il cosiddetto contributo minimo obbligatorio), che parte dal mese successivo all’iscrizione all’Albo; aggiungendo il riscatto dei 6 anni di laurea, si può arrivare a percepire la pensione già a 61/62 anni, superando i pesanti limiti della Legge Fornero. La principale novità di quest’anno per i medici dipendenti è la Quota 103, che consente l’uscita ai nati entro il 31 dicembre 1961 che maturano 41 anni di contributi entro il 31 dicembre 2023. I due requisiti vanno raggiunti insieme. Rimane ferma la finestra mobile di tre mesi per i lavoratori del settore privato (ad esempio i medici dipendenti di case di cura) e di sei mesi per il settore pubblico (ad esempio gli ospedalieri). A differenza di Quota 100 e Quota 102 in vigore negli scorsi anni, in questo caso la misura è accompagnata da un tetto alla misura del trattamento pensionistico erogabile: cinque volte il trattamento minimo Inps, pari a circa € 2.818 mensili lordi. Il tetto rimane in vigore fino al raggiungimento dell’età pensionabile di vecchiaia (attualmente 67 anni), poi si percepisce la pensione effettivamente maturata. Questa limitazione, unita con l’impossibilità, sempre fino all’età di vecchiaia, di svolgere attività libero professionali, rende questo canale scarsamente attrattivo per i medici. 

Per i medici e gli odontoiatri dipendenti che hanno iniziato a contribuire dal 1° gennaio 1996 in poi (ovvero optano per un calcolo interamente contributivo, comunque più penalizzante), fra le altre possibilità, va ricordata anche la pensione di anzianità contributiva, che consente il pensionamento con 64 anni di età e 20 anni di contributi effettivi, a condizione che l’importo della pensione non sia inferiore a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale (cioè € 1.409,16 mensili lordi).